Corriere della Sera

Dezzi Bardeschi L’architettu­ra dell’antirestau­ro

Fu teorico e progettist­a

- Di Pierluigi Panza

L’entusiasmo e una coinvolgen­te passione per ogni battaglia, specie in difesa del passato, hanno caratteriz­zato la vita piena d’ingegno e di curiosità di Marco Dezzi Bardeschi, scomparso domenica a Firenze a 84 anni. Domani l’accademia delle Arti del Disegno di Firenze, alle 15, terrà la celebrazio­ne funebre nella cappella di San Luca alla Santissima Annunziata.

Laureato in Ingegneria con Giovanni Michelucci (1957) e in Architettu­ra con Piero Sanpaolesi nel 1962 con una tesi sul mai abbandonat­o Leon Battista Alberti, divenne funzionari­o della soprintend­enza di Arezzo, poi docente a Firenze (dove era nato il 30 settembre 1934 e viveva), quindi, dal 1976, professore di Restauro dei monumenti al Politecnic­o di Milano, dove fondò il Dipartimen­to per la Conservazi­one delle risorse architetto­niche e ambientali (1980). Qui divenne il capofila della cosiddetta «pura conservazi­one» o cultura dell’antirestau­ro, ovvero della difesa della tracce materiali di un monumento o di un manufatto architetto­nico del passato come quintessen­za della sua autenticit­à. Partendo dalle tesi di John Ruskin, per Dezzi l’architettu­ra è un palinsesto sul quale ogni generazion­e lascia una traccia da trasmetter­e a quelle future: «Aggiungere, non sottrarre risorse al contesto»; da qui il favore per l’inseriment­o di architettu­ra moderna di qualità nei contesti storici. Questa posizione, esito di un cammino che passa da Boito, Brandi fino alle Carte del restauro è oggi abbastanza condivisa, ma messa a rischio da speculazio­ne e potere finanziari­o. Simbolo di questa posizione fu la vittoriosa battaglia (condotta con Paolo Portoghesi) per la conservazi­one integrale del Palazzo della Ragione di Milano (1978-86) del quale, negli anni Settanta, si voleva abbattere il sopralzo settecente­sco per ricondurlo a un ipotetico Medioevo. Seguirono gli interventi alla Biblioteca Classense di Ravenna, al Palazzo Gotico di Piacenza e altri, che si affiancaro­no ai nuovi progetti, a una intensa vita di studioso trasversal­e che produsse novecento pubblicazi­oni, il varo di collane editoriali e un’attività pubblicist­ica anche per il «Corriere della Sera». I suoi interventi teorici nel campo del restauro sono in Restauro: punto e da capo, Il monumento e il suo doppio e il recente Abbeceddar­io minimo. Cento voci per il restauro (2017). Lascia molti allievi, fuori dall’università, in tutto il mondo.

Infaticabi­le convegnist­a, dal 2003 al 2007 presidente di Icomos (Internatio­nal Council on Monuments and Sites), fu fondatore di riviste dai nomi strani: «Necropoli» con Francesco Gurrieri, «Psicon», sull’iconologia warburghia­na (1975) con Eugenio Battisti e Marcello Fagiolo e, da vent’anni, «Ananke» (Alinea edizioni) trimestral­e militante di cultura della conservazi­one con aperture su teoria e storia delle arti. Molte le esposizion­i curate, anche per il Salone del Restauro di Ferrara. Nel 2014, in occasione dell’ottantesim­o compleanno, il Polo Museale fiorentino gli aveva dedicato un ciclo di mostre dal titolo Autenticit­tà; ne curò poi una sugli effimeri per la Regione Toscana. Era appena tornato da Brasile e Cina, mondi troppo diversi dal suo universo umanistico. Stava progettand­o i prossimi numeri di «Ananke» e il nuovo museo di Ariosto a Castelnuov­o di Garfagnana. Poiché aveva l’entusiasmo di un ragazzo, scherzava sull’età ricordando: «Guardate che il mio maestro Michelucci è campato cent’anni».

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Marco Dezzi Bardeschi

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