Il voto in massa degli americani sull’era Trump
Vantaggio democratico nei sondaggi per la conquista della maggioranza alla Camera Al Senato cruciali gli Stati dell’america profonda. Dodici milioni di voti in più del 2014
L’America al voto a metà mandato di Donald Trump. Quasi un referendum sul lavoro fatto in questi due anni dal presidente repubblicano degli Stati Uniti. In massa alle urne. I democratici puntano a conquistare almeno una delle due Camere per rendere più difficile il cammino dell’attuale amministrazione. I repubblicani invece hanno spinto in campagna elettorale a confermare la loro posizione.
WASHINGTON Nella notte democratici e repubblicani si contendono il controllo del Congresso. È il primo vero test per Donald Trump, che continua a raccogliere un «tasso di approvazione personale» piuttosto basso, pari al 40%.
Ieri gli americani hanno votato per eleggere tutti i 435 deputati della Camera e 35 senatori, quasi un terzo sul totale di 100. Urne aperte anche per scegliere 36 governatori, con una competizione di spicco in Georgia, dove la democratica Stacey Abrams, 44 anni, potrebbe diventare la prima afroamericana governatrice di uno Stato.
In attesa dei risultati finali, il presidente sembra prepararsi alla possibile convivenza con i progressisti, che potrebbero conquistare la Camera dei rappresentanti, ma non il Senato. In un’intervista a Sinclair Broadcasting, un gruppo cui fanno capo 193 emittenti negli Stati Uniti, Trump ha detto : «A me piace andare d’accordo con gli altri e penso che ora potranno accadere molte cose». Nell’ultimo strappo della campagna, però, il presidente ha seminato allarme e paure negli elettori, paventando, tra l’altro, «l’invasione» della carovana dei migranti partita dall’honduras e in marcia verso il confine degli Stati Uniti.
Intanto bisogna aspettare il tabellone dei voti. Alla House of Representatives, la Camera bassa, i democratici devono recuperare uno svantaggio di 23 seggi, mentre al Senato la differenza con i repubblicani è meno due (49 a 51).
In attesa che sia completato le scrutinio, si ragiona sui dati dell’affluenza. Nei giorni scorsi circa 39 milioni di cittadini si sono espressi con la procedura del voto anticipato. Nel 2014 erano stati 27,2 milioni. Alla fine la quota di partecipazione dovrebbe raggiungere il 45-50% degli aventi diritto, contro il 37% del 2014, ma comunque lontano dalla soglia del 60% delle presidenziali del 2016.
È questo nuovo flusso di elettori che rende incerto l’esito di questo midterm. I democratici sperano che da qui arrivi la spinta decisiva: la mobilitazione delle donne, dei giovani, delle minoranze. L’ex presidente Barack Obama e il suo vice Joe Biden hanno ripetuto fino all’ultimo: «Siamo di fronte all’elezione più importante della nostra vita. È in gioco il carattere, il tessuto morale della nazione». Ma aver alzato così tanto la posta potrebbe rivelarsi una mossa controproducente, in caso di sconfitta o anche di sostanziale pareggio.
In realtà, anche il partito democratico attende risposte cruciali. In estate sono emerse le energie, l’entusiasmo della sinistra radicale, con figure come la ventinovenne Alexandria
Ombra impeachment Una Camera dem può avviare la messa in stato d’accusa. Ma al Senato servono i due terzi
Ocasio-cortez, sicura deputata di New York. Ma adesso la partita più difficile, l’assalto al Senato, è nelle mani di una mezza dozzina di blue dog, di democratici moderati. Sono cruciali le notizie in arrivo dall’america più profonda: Arizona, Indiana, Missouri, North Dakota. Anche l’esito della sfida copertina, quella in Texas, tra Beto O’rourke e il boss del territorio, il repubblicano Ted Cruz, può avere un impatto importante sulla linea e la leadership dei democratici. O’rourke, tra l’altro, si è schierato a favore dell’impeachment immediato di Donald Trump.
Ma ora la campagna è finita: anche se i democratici dovessero controllare Camera e Senato, la messa in stato di accusa del presidente non sarà automatica. Nei prossimi giorni è atteso almeno un primo rapporto parziale del Super procuratore Robert Mueller. Vedremo se ha trovato le prove della collusione tra il comitato elettorale di Trump e la Russia. In ogni caso va ricordato che la Camera può avviare la procedura di impeachment con maggioranza semplice, ma il verdetto spetta al Senato, che deve decidere con il quorum dei due terzi. Soglia comunque fuori portata per i democratici.