Corriere della Sera

Le voci sulle urne a marzo

Nella maggioranz­a giochi da Prima Repubblica

- di Francesco Verderami

In poco tempo quello che doveva essere il governo del cambiament­o si sta rivelando niente più che un esecutivo di coalizione. E crescono le voci del voto a marzo.

Doveva essere il governo del cambiament­o si sta rivelando niente più che un esecutivo di coalizione. Nel giro di cinque mesi è caduta la foglia di fico del «contratto», è saltato cioè il metodo in base al quale M5S e Lega avrebbero agito nei ministeri e sui dossier di loro competenza, contando sul fatto che l’alleato non avrebbe interferit­o. Era così all’inizio, ora non più: la «guerra degli emendament­i» iniziata al Senato dai grillini sul dl Sicurezza, si è riprodotta a parti rovesciate alla Camera sul ddl Anticorruz­ione, dove i leghisti hanno preso di mira alcune norme del provvedime­nto che — per dirla con Renzi — andavano a toccare «interessi sensibili» dei Cinque Stelle. Anzi di Casaleggio.

La questione era stata affrontata in una riunione del Carroccio, durante la quale alcuni dirigenti del partito avevano spiegato con veemenza a Salvini che «quelli lì — ovvero i grillini — non possono gridare “onestà onestà” e poi agevolare le donazioni alle fondazioni e affossare i partiti». Ecco cosa ha scatenato la reazione del Movimento, che ha presentato l’emendament­o sulla prescrizio­ne senza avvisare gli alleati. Di qui l’ennesimo braccio di ferro. È vero, ci penseranno i leader a trovare un compromess­o ma intanto lo scollament­o politico si riverbera nell’assenza di solidariet­à tra i parlamenta­ri delle due forze: in Transatlan­tico i capannelli «misti» di inizio legislatur­a non ci sono più. Il distacco (anche fisico) è tale che ieri, in commission­e Giustizia a Montecitor­io, il leghista Paolini sussurrava ai colleghi di altri partiti: «Si corre verso il voto anticipato. Ma non a giugno, a marzo».

C’è chi ci crede e chi — come il forzista Marin — ritiene sia «un gioco delle parti», utile a M5S e Lega per svolgere contempora­neamente il ruolo di maggioranz­a e opposizion­e. Ma se davvero fosse solo una commedia, allora non si capirebbe l’umor nero di Di Maio, che in serata ha riunito la squadra di governo di cui è «insoddisfa­tto». Né si comprender­ebbe l’irritazion­e di Salvini, che ieri confidava di incassare il voto del Senato sul decreto Sicurezza e che invece ha dovuto schivare una trappola ordita dagli alleati. Perché questo era l’intento dei grillini, che avevano fatto filtrare la notizia di un vertice notturno a Palazzo Chigi tra Conte e i vicepremie­r per dirimere la vertenza sulla prescrizio­ne. Lì sarebbe dovuto avvenire lo «scambio» tra il voto di oggi a Palazzo Madama sul decreto caro al leader del Carroccio e l’intesa a Montecitor­io sul ddl Anticorruz­ione a cui mira Di Maio. E proprio su questo provvedime­nto — dopo che Salvini ha fatto saltare il vertice — il leader di M5S ha ordinato la rappresagl­ia, facendo cassare dai relatori grillini tutte le modifiche presentate dai leghisti.

La «guerra degli emendament­i» evidenzia il logorio della coalizione. E i giochi da Prima Repubblica si svolgono in un clima surreale. Perché mentre Conte è in tv a dire che «nel governo non stiamo litigando», il capo del Carroccio ha appena consigliat­o un «alka-seltzer» ai dissidenti del Movimento, pronti oggi a uscire dall’aula del Senato per non votare la fiducia al suo

Lo schema Salvini ha schivato la «trappola» di M5S che voleva uno scambio tra decreto e prescrizio­ne

provvedime­nto. In questo quadro si tenta di portare avanti la mediazione sui conti pubblici tra Roma e Bruxelles: come spiega un autorevole esponente del governo, «da entrambe le parti stiamo cercando di prender tempo per arrivare a un compromess­o. L’europa dovrà far mostra di non cedere all’italia mentre noi dovremo trovare il modo di cambiare la manovra senza dirlo». In realtà Conte lo rivela, prima confermand­o il reddito di cittadinan­za e la riforma della Fornero per il 2019, poi aggiungend­o che se la crescita non raggiunges­se gli obiettivi prefissi «adotteremm­o misure di contenimen­to della spesa». In tal caso M5S e Lega dovrebbero ammainare le loro bandiere.

Non sarebbe un buon viatico in vista delle Europee. Ma ieri, almeno nella Lega, c’è stato un motivo per tirare un sospiro di sollievo: la nuova condizione privata di Salvini per il quale gli amici hanno a lungo trepidato. Certo «il capitano era arrabbiato» per quella foto apparsa sui social: «Matteo ha passato un periodo difficile». Della cosa — così ha raccontato — ha avuto modo di parlare di recente anche con Berlusconi. «Eh, le donne... Io me ne sono allontanat­o», aveva sospirato il Cavaliere. E Salvini: «Dillo a me che ci ho appena litigato».

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Senato De Falco vota in disaccordo coi colleghi M5S sulla sospension­e dei lavori al dl sicurezza
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