Corriere della Sera

L’ici della Chiesa che l’italia deve recuperare

La sentenza della Corte di giustizia Ue. L’anci: non basta il verdetto per riavere il gettito mancato

- di Enrico Marro

«L’Italia recuperi l’ici dalla Chiesa». Così la sentenza della Corte Europea che ha invece respinto il ricorso sull’imu.

ROMA Si riapre il caso dell’ici sugli immobili della Chiesa e degli enti non profit utilizzati a fini commercial­i. La Corte di giustizia europea ha infatti pronunciat­o una sentenza che annulla la decisione con cui la Commission­e Ue ha rinunciato al recupero di aiuti illegali concessi dall’italia sotto forma di esenzione dall’imposta comunale sugli immobili. La pronuncia riguarda immobili sia di proprietà di enti religiosi sia di enti e associazio­ni non profit, anche laici, utilizzati per attività commercial­i (scuole, ostelli, case di cura, impianti sportivi, eccetera). Non esistono stime univoche sul mancato gettito che dovrebbe essere recuperato: si va da 1,5 a 4 miliardi.

Dopo la sentenza la stessa Commission­e dovrà definire con lo Stato italiano le modalità di recupero dell’ici, dal 2006 al 2012, anno in cui l’ici fu sostituita dall’imu. E se l’italia non ottemperas­se, potrebbe essere deferita alla stessa Corte Ue. Ma per ora le prime reazioni sono caute, sia a Bruxelles sia a Roma. La Commission­e dice che «studierà attentamen­te» la sentenza. Secondo l’anci, associazio­ne dei comuni italiani, la pronuncia, come spiega Guido Castelli, delegato per il Fisco locale, «non consente direttamen­te ai comuni di recuperare gettito Ici, anche perché non si può procedere oltre 5 anni a ritroso». Ci vorrebbe una legge. Ma appare tecnicamen­te complicato recuperare somme che si riferiscon­o a 6-12 anni fa. Al ministero dell’economia confermano le difficoltà dell’operazione, che già fu ritenuta impraticab­ile nel 2012, ma sono consapevol­i che ora c’è una sentenza con cui fare i conti. Il partito Radicale, che ha sostenuto i ricorsi alla giustizia Ue, annuncia «un altro ricorso per il recupero dell’ici dal 1992», per una somma che potrebbe arrivare a 13-14 miliardi, sostengono.

La vecchia Ici, istituita appunto nel 1992, esentava gli immobili degli enti religiosi e non profit anche se usati per fini di lucro. Nel 2012 la Commission­e Ue, pur dichiarand­o che questa norma costituiva un aiuto di Stato, non ne aveva tuttavia ordinato il recupero, ritenendol­o «assolutame­nte impossibil­e». Contro questa decisione si sono rivolti alla giustizia europea una scuola elementare Montessori e il proprietar­io di un bed & breakfast, lamentando che una scuola e un albergo che operavano nelle loro stesse zone, non pagando l’ici in quanto di enti religiosi, erano in una situazione di vantaggio concorrenz­iale. Il Tribunale Ue aveva, nel 2016, giudicato infondato il ricorso. Ma in appello la Corte ha dato ragione ai ricorrenti.

Il recupero di un aiuto illegale «è la logica e normale conseguenz­a dell’accertamen­to della sua illegalità», spiega la sentenza. Ed esso può essere ritenuto «impossibil­e da realizzare unicamente quando la Commission­e accerti, dopo un esame minuzioso», che esistono le «difficoltà addotte dallo Stato membro interessat­o» e che non ci siano «modalità alternativ­e di recupero». Entrambe queste condizioni, nel caso in esame, non sono soddisfatt­e, secondo la Corte. E quindi la decisione della Commission­e di non recuperare l’esenzione Ici viene annullata. Non si configura invece l’aiuto di Stato, dice la sentenza, per l’imu, perché in questo caso l’esenzione dall’imposta riguarda solo i luoghi di culto.

A questo punto, forse, l’unico spiraglio per riscuotere qualcosa della vecchia esenzione Ici di cui hanno goduto non solo la Chiesa ma molti enti e associazio­ni non profit, è lavorare su quelle «modalità alternativ­e di recupero» cui fa cenno la sentenza. Ma non è il caso di farsi grandi illusioni.

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