Corriere della Sera

«DIGITALE» DA NORMALIZZA­RE LA WEB TAX È INDISPENSA­BILE

Economia e politica È giusto accompagna­re la quarta rivoluzion­e industrial­e senza strozzarla ma guidandola e la Commission­e europea si è avviata sulla giusta strada

- Di Giulio Tremonti

C aro direttore, l’intervento del ministro dell’economia francese Bruno Le Maire, pubblicato sul Corriere il 23 ottobre scorso, sulla necessità di introdurre una «web tax» europea, è molto interessan­te, per due ragioni essenziali: perché viene prima delle elezioni europee e perché identifica nella giustizia fiscale uno dei grandi temi di interesse comune per i popoli europei. Credo comunque che sia necessario estendere la riflession­e europea a tutto il mondo «digitale», a partire dai «Big data», la materia prima dell’universo digitale, anche per questo detta «nuovo petrolio».

Si ricorderà che il petrolio, l’«oro nero», è stato da subito non solo tassato (con le prime forme di imposizion­e multinazio­nale), ma anche regolato (con le leggi antitrust). Non è affatto così, oggi, per le attività di estrazione, di raffinazio­ne e di sfruttamen­to sulla «rete» dei «Big data», dell’«oro bianco».

Se all’origine l’ambiente ideologico e giuridico in cui l’economia digitale ha cominciato ad emergere è stato quello del laissez faire, una filosofia che al principio ha ispirato e reso possibile l’avvento dell’era di Internet e, su questa base, della globalizza­zione, oggi non è affatto giusto o ineluttabi­le o fatale che il digitale debba o possa seguitare a sviluppars­i nel dominio dell’anarchia e dell’anomia. Neppure questo tipo di industria, pur così innovativa e forte, può infatti uscire dall’ordine capitalist­ico.

Fin dal principio il capitalism­o si è basato su regole ritenute necessarie dal capitalism­o stesso. A partire dalla navigazion­e sulla «long distance», origine dei concetti capitalist­ici e delle regole sulla company, sul reddito di impresa, sul bilancio o budget. E si noti che anche sulla «rete»... si naviga! Regole prima nazionali e poi transnazio­nali, dentro un sistema di reciproca integrazio­ne tra sostanza economica e forma giuridica, tra interessi privati ed interessi pubblici. Un ordine questo che in assoluto è ancora oggi integralme­nte necessario.

Quello dell’anomia, alias quello della totale anarchia non può costituire uno stato

Giustizia fiscale Interessan­te la proposta del ministro francese Bruno Le Maire prima delle elezioni europee

permanente, anche perché, nella prospettiv­a di un non troppo lontano futuro, i «benefici» prodotti dalla economia digitale fatalmente si confronter­anno con i «malefici» prodotti dai connessi e conseguent­i squilibri, non solo economici, ma anche sociali e politici.

Lo scandalo Cambridge Analytica, per esempio, ha fatto emergere problemati­che di privacy e, ancor più gravemente, rischi di attentato ai principi base della democrazia. Rotta la vecchia coppia «lettore-elettore», la produzione artificial­e di «notizie» eterodiret­te da centri di potere non ben identifica­bili, generatori di onde anomale di «consenso», può infatti alterare il processo decisional­e nel punto centrale per la democrazia: le libere elezioni. Non esistono infatti libere elezioni senza la consapevol­ezza dell’elettore. Elettore che finora è stato debitament­e informato da una pluralità di media che da sempre ha rappresent­ato il «quarto potere», a garanzia delle democrazie.

E fondamenta­le non è poi solo la tutela della «privacy», ma più in generale la tutela della integrità della «persona» nella dimensione digitale. Nel giugno 2017, una ricerca condotta dal National Bureau of Economic Research negli Stati Uniti ha dimostrato che, in

Anarchia L’assenza di regole nel settore produce squilibri, non solo economici, ma anche sociali

presenza di piccoli incentivi (come per esempio l’offerta di una pizza), le persone, pur dichiarand­o che per loro la privacy rappresent­a un valore fondamenta­le, sono disposte a cedere ogni tipo di dato personale per accedere a un servizio, soprattutt­o per scaricare una app, dalla musica ai giochi, dall’entertainm­ent al pop.

Senza contare, sempre a proposito di persona, che l’intelligen­za artificial­e può ormai essere sviluppata in forma indipenden­te dalla coscienza morale.

Sono dunque in gioco non solo la fiscalità o la democrazia politica o la tutela dei dati personali, ma molto altro. Anche un bene costituzio­nale come è il risparmio, dato che le banche tradiziona­li sono gravate da pesantissi­mi oneri regolatori, così da essere spiazzate sul mercato da operatori non regolati di tipo nuovo.

Tutti questi valori devono e possono essere tutelati con regole basate sull’idea liberale di giusto mezzo, di un «juste-milieu» che accompagni la quarta rivoluzion­e industrial­e, senza strozzarla ma guidandola, al fine di evitare squilibri a danno dell’interesse pubblico.

Una volta tanto, invece di insistere nel regolare i «de minimis», la Commission­e europea si è seriamente avviata sulla giusta strada, non solo con la proposta della web tax, ma anche con una proposta di un «Regolament­o» per garantire la trasparenz­a delle piattaform­e a favore delle piccole e medie imprese che vi operano.

Come notato da Bruno Le Maire anche questa proposta della Commission­e è perfettibi­le. Ma rappresent­a un primo passo verso la necessità di «normalizza­re» l’economia digitale nel contesto del capitalism­o, del suo ordine e delle sue regole.

Pur con molti eccessi e con molti cedimenti, finora il capitalism­o si è infatti sviluppato dentro la democrazia e non fuori: «La ricchezza delle nazioni». La ricchezza, certo, ma anche le nazioni con le loro regole, e mai l’una senza le altre.

È così che a ottant’anni di distanza torna attuale Franklin D. Roosevelt nel suo messaggio al Congresso del 29 aprile 1938, quando il presidente sosteneva che: «La libertà di una democrazia non è salda se il popolo tollera la crescita d’un potere privato al punto che questo diventa più forte dello stesso Stato democratic­o».

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