I consolati italiani e la vittoria spaziale della matita
Immaginate di essere il console italiano a Mosca e di dover convincere i russi che avrebbero molto da imparare in tema di innovazione. Varrebbe allora la pena ricordargli che al tempo della corsa allo spazio hanno sì risolto brillantemente — e meglio degli americani — il dilemma dell’inchiostro delle penne che causa l’assenza di gravità non scendeva, ma lo hanno fatto grazie a un’invenzione italiana degli sconosciuti ma rivoluzionari coniugi Bernacotti: la matita (sembra ridicolo oggi ma al tempo gli americani non ci avevano pensato, senza offesa). C’è molto da imparare dalla bistrattata storia dell’innovazione made in Italy, che non si insegna nelle scuole, non si conosce e di cui, in quanto italiani, siamo i peggiori nemici. Lo siamo sempre stati: pensate a come il genio francese abbia fatto di Pascal lo scopritore del vuoto laddove, come dimostrato dai documenti, non fece che ripetere e migliorare l’esperimento di un allievo di Galileo Galilei, Evangelista Torricelli. Si chiama marketing e non c’è nulla di sbagliato nell’usarlo per ricordare come sono andate le cose. I consolati essendo la nostra interfaccia «analogica» nel mondo possono fare molto. Anche perché è un interspazio in cui la digitalizzazione serve. Prendiamo il voto degli italiani all’estero. Sapete quanti sono? Sei milioni. In quanti votano? Un milione e duecento mila. «Non ha senso inviare sei milioni di lettere in tutto il mondo» ha ricordato il sottosegretario per gli Affari esteri Ricardo Merlo di fronte alla Conferenza dei Consoli a Roma. Nell’era dell’email e dei budget ridotti poi. Solo il fatto che i consoli italiani vengano riuniti tutti a Roma, dopo oltre 15 anni, per parlare di innovazione è un segnale importante. A patto che non si riduca tutto alla questione dei passaporti prenotati online. L’innovazione, coma ha ricordato il console a San Francisco, Lorenzo Ortona, è anche una dimensione mentale, la capacità di imparare dagli errori e aggiustare in continuazione: «È quello che vedo accadere nella Silicon valley: sbagliano anche loro, ma correggono». Anche questa è una lezione che possiamo portare a casa. Come diceva Picasso «i bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano». La regola vale anche nell’innovazione.