Corriere della Sera

Vecchioni stana Guccini: duetto per l’inno alla vita

Brano insieme dedicato alla forza d’animo di Zanardi «L’infinito» è il nuovo album del cantautore milanese

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Fra Orazio (poeta latino) e Orazio (il cavallo disneyano marito di Clarabella), fra Leopardi e Guccini, un Roberto Vecchioni in piena forma ha presentato ieri a Milano l’album L’infinito. Un concept album che più concept non si può. Messaggio: viva la vita, nascere e vivere è un colpo di fortuna, viva la parola, la lingua italiana che si sta dimentican­do.

Compagni di avventura con ruoli diversi: Francesco Guccini, l’orso di Pavana stanato da Vecchioni in Appennino che canta in Ti insegnerò a volare, la canzone dedicata ad Alex Zanardi («la storia del campione è la metafora della passione per la vita che è più forte del destino»), Morgan (che decise di darsi alla musica dopo che il babbo lo aveva portato a un concerto di Vecchioni) e canta nella struggente Com’è lunga la notte, Mario Capanna (che ha prestato al brano Formidabil­i quegli anni il titolo del suo libro omonimo), Giulio dedicato alla madre di Giulio Regeni, il reporter italiano ucciso ● Nella foto più in alto Alex Zanardi; qui sopra Francesco Guccini e, a destra, Roberto Vecchioni: i due cantautori hanno duettato nel singolo «Ti insegnerò a volare», ispirato al pilota e inserito nell’album «L’infinito», in uscita venerdì 9 barbaramen­te in Egitto. Più che una presentazi­one si è trattato di una lectio magistrali­s.

«Mai abbassare la guardia — avverte il professore — la parola è importante e sta morendo. Dieci anni fa un ragazzo delle medie usava 5.000 parole, oggi non più di 600. Compito del cantautore è creare un linguaggio che dia le stesse emozioni della poesia, ma sia più accessibil­e». Insolita la prassi tecnica di realizzazi­one: prima il canto praticamen­te a cappella, poi gli strumenti («non volevo essere distratto dalla mia voce»). Insolita anche la distribuzi­one: solo nei negozi, niente download, solo cd e vinile.

Il disco è l’esatto opposto di Samarcanda: lì un destino ineluttabi­le, bieco, una cieca volontà distruttiv­a, irrazional­e, qui la vita concreta, la riscossa, il dono di partecipar­e a questa esperienza anche nel dolore. Citando Calvino in Una notte, un viaggiator­e che apre l’album, Vecchioni paragona l’esistenza a una valigia pesantissi­ma che non possiamo aprire. Ma solo intuirne emotivamen­te il contenuto.

E il ’68? «Non ho mai scritto canzoni politiche, se non con messaggi trasversal­i. «A fanculo ogni rimpianto, che non Professore

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I volti

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