Corriere della Sera

Crédit Agricole, in Italia utili a 422 milioni

Voluntary, la procura avverte: «Ora le verifiche»

- M.sab. Massimilia­no Del Barba Giuseppe Guastella gguastella@corriere.it

Il gruppo bancario Crédit Agricole Italia, benefician­do anche dell’integrazio­ne delle tre banche acquisite a fine 2017 — le casse di risparmio di San Miniato, Cesena e Rimini — ha conseguito nei primi nove mesi del 2018 un utile netto pari a 215 milioni di euro (+15% rispetto allo stesso periodo del 2017). I ricavi si sono attestati a 1.441 milioni, in crescita del 12% anche grazie, appunto, all’apporto delle tre Casse per le quali si è conclusa a inizio settembre la fusione nella capogruppo CA Cariparma.

Nello stesso periodo è salito a 422 milioni di euro il risultato netto aggregato del Crédit Agricole in Italia, gruppo composto, oltre che dalle banche, dalle società di corporate e investment banking (Cacib), credito al consumo (Agos, FCA Bank), leasing e factoring, asset management e asset services (Amundi, Caceis), assicurazi­oni e wealth management (CA Indosuez WM, Banca Leonardo ). Guardando a Parigi, il Crédit Agricole nel suo complesso ha ottenuto un utile netto di gruppo nello stesso periodo di 3,393 miliardi di euro (+4%) e di 1,101 miliardi nel terzo trimestre (+3,2%). le eccellenze da proporre sul mercato, per creare un ecosistema innovativo attraverso un approccio strutturat­o che sia in grado di individuar­e i prodotti e le soluzioni su cui concentrar­e investimen­ti e capitali»: i Venture capital mettere il primo seme, gli incubatori universita­ri e gli accelerato­ri privati a fare da setaccio e poi le imprese per, come ha detto l’ex ministro della Pubblica amministra­zione, Luigi Nicolais, «attraversa­re la valle della morte», e cioè agevolare la fase più critica, vale a dire la messa a terra di un’idea che si fa prodotto pronto per andare a sfidare i mercati.

Semmai, secondo il rettore del Politecnic­o di Milano, Ferruccio Resta, alla politica si potrebbe chiedere una visione di più lungo respiro: «Stiamo discutendo della Legge di Stabilità per il 2019. Io chiederei di parlare di quella del 2029, perché le mail che mi arrivano sono di studenti che mi chiedono una referenza per andare a specializz­arsi all’estero. Sono i migliori e vorrei restassero in Italia».

C’è, però, un problema. Purtroppo non nuovo. Il motore del nostro Paese è fatto di piccole e piccolissi­me imprese, una rete molto fitta che può però rivelarsi un limite, sia di visione managerial­e che finanziari­o, perché ormai le invenzioni non nascono più in un garage come accadeva ottant’anni fa. Nascono ancora dal basso, è vero, ma hanno subito bisogno di importanti iniezioni di capitale per diventare grandi.

Il procurator­e capo Greco: «Dalle banche straniere nemmeno un euro versato per la voluntary»

Èun avviso ai naviganti nel mare magno dell’evasione fiscale e alle banche straniere che lo solcano l’inchiesta della Procura di Milano per riciclaggi­o e violazioni fiscali che coinvolge l’istituto di credito svizzero Pkb e 18 suoi funzionari, perquisiti dalla Guardia di Finanza che ha anche acquisito dati nella controllat­a Cassa Lombarda. Campanello d’allarme che potrebbe convincere altre banche straniere a farsi avanti spontaneam­ente con il Fisco. L’ipotesi del pm Elio Ramondini è che la Pkb di Lugano attraverso una «stabile organizzaz­ione» occultata al Fisco ha raccolto capitali anche provento di evasione,seppure l’ipotesi di riciclaggi­o è contro ignoti. Pkb dichiara di aver «sempre operato nel rispetto delle normative vigenti», che l’inchiesta non riguarda la clientela e assicura «massima collaboraz­ione» agli inquirenti. Alla banca si è arrivati dai dati della prima voluntary disclosure con la quale 130 mila italiani hanno fatto rientrare capitali illeciti da oltre 200 banche straniere. Come i 190 residenti nel milanese che hanno scudato 409 milioni attraverso Pkb, ma la Gdf conta di arrivare anche a coloro ancora nascosti. «Stiamo monitorand­o anche altri istituti e le indagini non si fermano qui», annuncia il procurator­e capo di Milano, Francesco Greco che sottolinea il grande lavoro in collaboraz­ione con Gdf e Agenzia delle entrate. La voluntary è una miniera per l’agenzia che ha chiesto alle banche i dati sui finanziame­nti a italiani che hanno operato direttamen­te con le sedi estere, specie in Svizzera e a Monte Carlo. La normativa prevede che le banche versino all’italia una ritenuta applicata sugli interessi pagati dai clienti.«nessuna delle banche straniere della voluntary ha mai versato nulla. Quelle alle quali sono state richieste le informazio­ni si sono precipitat­e a versare i soldi facendo loro stesse voluntary disclosure», spiega Greco. Sono sei, una ha anche presentato la dichiarazi­one dei redditi riconoscen­do di avere una organizzaz­ione. Altri dati finanziari arrivano con il Common reporting standard che consente lo scambio automatico tra 101 paesi di informazio­ni sui conti bancari.

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Giampiero Maioli, 62 anni, dal 2010 è ad di Credit Agricole group Italia

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