Pernigotti chiude la fabbrica di Novi «Un anno in Cigs»
Centosessant’anni di storia con in mezzo la diffusione su scala globale di torroni, cremini e, soprattutto, del cioccolatino piemontese più famoso al mondo: il gianduiotto. Chiude i battenti Pernigotti, l’azienda partita nel 1860 come drogheria di Novi Ligure e diventata azienda specializzata in produzione dolciaria capace di conquistare, nel 1800, persino la famiglia Reale. Fu Stefano Pernigotti, nel 1868, a fondare insieme al figlio Francesco la «Stefano Pernigotti & Figlio». Il capitale d’impresa ammontava a seimila lire. Il successo fu enorme tanto che il 25 aprile del 1882 Re Umberto I concesse a Pernigotti la facoltà d’innalzare lo stemma reale sull’insegna della sua fabbrica. Stemma che accompagnerà il logo dell’azienda fino al 2004. Nel 2013 il passaggio al gruppo turco Toksoz, che ha da poco annunciato ai sindacati di voler chiudere i battenti dello stabilimento di Novi Ligure, lasciando a casa 100 lavoratori: ha chiesto un anno di Cigs, dal 3 dicembre prossimo. Una scelta definita «scellerata» dalla Flai Cgil: «Un nuovo colpo a marchi e prodotti famosi del nostro made in Italy e all’occupazione — ha denunciato Ivana Galli, segretario generale — con proprietà straniere che ancora una volta prima comprano e poi chiudono, mantenendo però la proprietà del marchio prestigioso per produrre all’estero».
Che si tratti di un marchio prestigioso non vi è dubbio: quando durante la Prima Guerra Mondiale il blocco delle importazioni di zucchero decretato dal governo italiano rischiò di mandare all’aria gli sforzi e i successi ottenuti, Francesco Pernigotti cercò di trasformare l’ostacolo in opportunità sostituendo lo zucchero con il miele, creando una rivoluzionaria ricetta per il torrone. Nel 1919 a Francesco succede il figlio Paolo, che prende le redini dell’azienda di famiglia. Un periodo fiorente a cui segue quello ancora più fortunato della produzione industriale del gianduiotto. Nel 1995 Stefano Pernigotti, succeduto al padre Paolo, perde i due giovanissimi figli in un incidente in Uruguay e, rimasto senza eredi, nell’estate del 1980 decide di cedere il marchio novese alla famiglia Averna del famoso amaro. Nel 2013 Averna cede ai turchi, che ora annunciano la chiusura.