Il Goncourt premia i destini prigionieri della «Francia periferica»
Vince Nicolas Mathieu con una famiglia della classe mediobassa. Il Renaudot spécial a Philippe Lançon, ferito nella strage di «Charlie Hebdo»
PARIGI Il Goncourt, il più prestigioso dei premi letterari francesi, è andato ieri a Nicolas Mathieu per Leurs enfants après eux (Actes Sud), un romanzo ambientato nell’est deindustrializzato, quella «Francia periferica» negli ultimi anni più volte protagonista della letteratura francese (pensiamo per esempio al Caso Eddy Bellegueule di Edouard Louis, edito in Italia da Bompiani).
Se l’anno scorso i giurati riuniti come sempre al ristorante Drouant premiarono Eric Vuillard e il suo racconto storico dell’anschluss (L’ordine del giorno, edizioni e/o), l’edizione 2018 va a un testo di invenzione: Anthony, 14 anni, cresce in una famiglia della classe mediobassa, con una madre stanca e un padre violento. «I personaggi sono presi tra un destino che rifiutano e strutture sociali che li spingono a riprodurre la vita dei loro genitori», dice Mathieu. La famiglia è una gabbia più che una risorsa: «Nel libro descrivo famiglie squinternate, è vero, ma mi pare che la famiglia sana, equilibrata e felice sia un mito. Quel che esiste davvero sono i segreti di famiglia. Poi, dietro la vetrina, si cerca sempre di fare bella figura. La famiglia, prima di tutto, è una formidabile fabbrica di nevrosi. In questo senso la famiglia di Anthony è come le altre».
Il giorno del Goncourt è anche quello del Renaudot, attribuito a Valérie Manteau per Le sillon (Le Tripode). Una sorpresa, perché il libro non faceva parte dei finalisti. «Il solco» ripercorre la vita di Hrant Dink, il giornalista turcoarmeno ucciso nel 2007 a Istanbul. Valérie Manteau è una scrittrice e giornalista che fino al 2013 ha fatto parte della redazione di «Charlie Hebdo» e e vive tra Parigi, Marsiglia e Istanbul. Sulla Turchia, Manteau dice che «mi sforzo di non lasciarmi completamente accecare dalla durezza dei tempi attuali, che colpiscono me come tutti. Ma bisogna proiettarsi verso l’avvenire, ricordare che la storia è lunga e sperare che il governo di oggi non duri per sempre». Quanto al libro, «l’ho sentito dall’inizio come una pessima idea che comunque avrei finito per realizzare».
Un «prix Renaudot spécial» è andato a Le lambeau («Il brandello») di Philippe Lançon, già premiato con il Femina. Giornalista culturale di «Libération» e collaboratore di «Charlie Hebdo», la mattina della strage Lançon era in redazione e venne gravemente ferito al volto. Seguirono nove mesi di ospedale e 15 operazioni. Il racconto comincia la sera del 6 gennaio 2015, alla vigilia del massacro islamista, e si conclude il 13 novembre, il giorno dell’attacco coordinato a Parigi e Saint Denis. Molto lodato dalla critica, Le lambeau non è stato preso in esame per il Goncourt perché «è un ottimo libro ma una testimonianza, non un romanzo di immaginazione», ha detto il presidente della giuria Bernard Pivot. «Non ho immaginato nulla di quel che racconto — ribatte Lançon — ma ho immaginato come scriverlo e comporlo».