NELLA TRAMA DEI MISSONI
I 65 ANNI DELLA MAISON, TRA COLORI E NATURA
Ci sono i carpini color giallo e arancio, ma anche querce e castagni nei verdi e marroni più sfumati. Le betulle poi si presentano in un particolare mix tra gialli e verdi. Affresco perfetto di un bosco autunnale. Spontaneo prende forma dalle parole di Rosita Missoni, mentre guarda dalle finestre del suo studio a Sumirago, in provincia di Varese, quartier generale dell’azienda e dello storico marchio di famiglia. Descritta così la vegetazione autunnale non fa erbario colto ma tanto creatività pura.
Sia chiaro non sono dei colori... Sono dei «toni». Quelli di cui parla Diana Vreeland, la celebrata direttrice di Vogue Usa e prima di Harper’s Bazaar, quando nel 1969 scopre il mondo di Tai e Rosita Missoni. Esclama: «Guardate! Chi ha detto che esistono solo i colori? Ci sono anche i toni!». Si conoscono a Roma presentati da una comune amica, Consuelo Crespi, ex modella, moglie di Rudi Crespi e nota per eleganza e raffinatezza. «Successivamente a quell’incontro andammo negli States. Vreeland ci aprì le porte di tutti più prestigiosi department store americani: venne Stanley Marcus in persona a vedere la collezione al Plaza di New York. Nel 1973 a Dallas ci consegnò il Neiman Marcus Fashion Award», ricorda Rosita Missoni. L’oscar giungeva un anno dopo i titoloni dei quotidiani Usa: su Los Angeles Times e Woman’s Wear Daily il Missoni style definito come: «new status symbol of italian design», nonché tra i 20 «fashion powers». Uno dei cardini del nostro made in Italy, come viene ben raccontato dal docufilm prodotto da Michele Bongiorno in occasione dei 65 anni di attività e dal titolo Being Missoni in onda domani su Sky Arte.
Un successo che ha le radici in artigianalità e forza del clan famigliare: oggi il marchio è ancora di proprietà della famiglia per una quota del 58,8% — Angela Missoni presidente e direttrice creativa — mentre per il restante 41,2% dal giugno scorso è entrato nel capitale il Fsi, Fondo strategico italiano. «Artigianalità e famiglia: vuole definirlo il segreto del nostro successo? Direi la giusta combinazione. Importante è stato anche l’aver creato un luogo dove poter dar vita alle nostre collezioni. In armonia e in contatto con la natura»: la sede si affaccia sui boschi e come sfondo l’arco del Monte Rosa. «L’ho scoperta e l’ho fatta vedere a Tai (diminutivo del marito Ottavio ndr). Ce ne siamo innamorati. Con l’aiuto delle sovvenzioni pubbliche per rilanciare le aree depresse, abbiamo iniziato a dar vita alla nostra sede. Dando lavoro alla manodopera femminile locale, tutte esperte magliaie».
Una bellissima fucina dove materializzare le celebri fantasie a zig-zag; nonché i patchwork o l’infinità di righe in fitto dialogo tra loro. «Con Tai erano litigate lunghissime per la scelta di un colore. Le sfumature, appunto i toni», ricorda. Il rapporto con Ottavio imprescindibile per il successo del marchio e per la creazione del clan Missoni. Classe 1921, Tai sposa Rosita, di dieci anni più giovane, nel 1953: lei se ne era innamorata un lustro prima a Londra durante le Olimpiadi, dove correva i 400 ostacoli. Nel 2013 festeggiano
È vero, il creatore sono io, però è la Rosita che ha creato me. Mi hanno fatto cavaliere del lavoro, ma dovevano dare l’onorificenza a lei Ottavio Missoni L’appuntamento Domani su Sky Arte la storia di una famiglia che ha reso la maglieria un fenomeno della moda planetaria. Tutto partì con Ottavio e Rosita. Che qui racconta le gioie e i dolori di una vita
La chiave del nostro successo è stato anche l’aver scelto per vivere e produrre un luogo come Sumirago in armonia con il paesaggio. Dando lavoro alla manodopera femminile locale, tutte esperte magliaie
i 60 anni di matrimonio, anno della scomparsa di Ottavio, ma anche di quella tragica di Vittorio (un disastro aereo, mentre sorvola Los Roques in Venezuela), il primogenito dei tre figli avuti, poi Luca e Angela. «Fu un annus horribilis. Di Tai ricordo l’infinita ironia, fondamentale nel nostro rapporto. Di Vittorio, la gioia per quell’ultima vacanza, un sogno coltivato da sempre». Rosita è una donna forte. Imprenditrice, madre e nonna. «Quando nel 1997 c’è stato il passaggio di testimone della direzione creativa ad Angela: mi son detta: “Bene adesso faccio la nonna”».
Invece? «Durato pochi mesi. Mi sono concentrata sulle linee della home collection. Sia ben chiaro, senza trascurare i nipoti». Oggi quanti sono? «Nove, tre da ogni figlio, ma ho anche tre bisnipoti, tre maschietti: in arrivo un quarto», dice con voce orgogliosa di nonna. Come duo creativo, la Missonologia (titolo della mostra del 1994 a Firenze e del volume legati al Premio Pitti), Rosita e Tai la inaugurano nel 1953, anno del matrimonio, con il primo laboratorio a Gallarate. Saranno le vetrine di Rinascente in piazza Duomo a Milano a segnare nel 1958 il debutto dell’«etichetta». Poi la sfilata scandalo nel 1967 a Firenze: modelle senza intimo e passerella paragonata al Crazy Horse. Non vengono reinvitati in riva all’arno e sfilano (trionfalmente) a Milano. Dal 1974 a oggi sede naturale delle loro passerelle. Un successo mondiale. Firmano, tra i primi, costumi d’opera: la storica Lucia di Lammermoor con Pavarotti alla Scala; i loro maglioni si trasformano nella «divisa» di miti come Nureyev: ne diventano amici e gli dedicano una collezione. I Missoni entrano tra i simboli del made in Italy. Epoca così titolò un servizio: Agnelli, Ferrari, Fellini e... i Missoni.
Guardate! Chi ha detto che esistono solo i colori? Ci sono anche i toni! Diana Vreeland
Ottavio Missoni era una radiosa cometa, un fratellino di Apollo misteriosamente sfuggito al sontuoso harem di Giove Gianni Brera