Le magie di Redmayne
L’incontro Il premio Oscar protagonista di «Animali fantastici I crimini di Grindelwald» L’attore inglese: «Siamo immersi nella tecnologia ma il cinema vince coinvolgendo tutti i sensi»
LOS ANGELES «Se la realtà è una percezione, la magia è la fantasia dell’occulto e, secondo me, nasconde anche il desiderio dell’uomo di essere felice con misteriose forze che non conosciamo». Ecco come Eddie Redmayne, 36 anni, interpreta il concetto di magia. «Mi piace nel mio lavoro alternare a opere d’immaginazione film realistici» dice ricordando il premio Oscar per aver interpretato Stephen Hawking in La teoria del tutto. Eddie è conosciuto da tutti i teen per il ruolo del «magizoologo» Newt Scamandro nel primo round di Animali fantastici e dove trovarli. Tornerà nel ruolo nell’imminente e secondo spin-off della serie di Harry Potter, Animali fantastici - I crimini di Grindelwald, sempre tratto dalla serie di libri fantasy di J.k.rowling e diretto da David Yates. «È stato gratificante perché mi sento ormai in simbiosi con il mio Newt Scamandro: questa volta c’erano più azione, magici effetti speciali, un’ambientazione stimolante tra New York e, in tutta la seconda parte, una splendida Parigi, che diventa un personaggio con le sue gotiche cattedrali».
I film fantasy, come quelli con i supereroi, sembrano piacere molto alla platea in tempi di realtà virtuale. Perché secondo lei?
«Per la proliferazione e le convergenze di tante e nuove tecnologie viviamo costantemente immersi nella violenza delle immagini, dei conflitti, delle calamità naturali. Il cinema è avvantaggiato con la sua capacità di coinvolgere tutti i sensi. La percezione del mondo è in costante evoluzione, Tolkien lo aveva davvero capito».
Lei è padre della piccola Iris, nata nel 2016, e Luke, il suo secondo figlio, è nato nel marzo di quest’anno. Quando cresceranno si troveranno davanti il mondo dei social in cui lei ha migliaia di follower...
«Sento questa responsabilità. Venendo a Los Angeles sull’aereo c’erano molti ragazzini e passavano il tempo, indifferenti a ogni altra cosa, con i loro oggetti tecnologici. Io, da “anziano”, ho guardato alcuni film sul piccolo schermo. Non possiamo ignorare, comunque, quelle che sono diventate le esigenze delle ultime generazioni sebbene io ricordi che, studente di Storia dell’arte al Trinity College di Cambridge, andare a cinema e a teatro per me era una festa e mi stimolava alla lettura, alla scrittura. Mi chiedo: quanto usano penne e matite e leggono oggi i ragazzi?».
Quanta vanità c’è nel mestiere d’attore?
«Nelle scelte di un mestiere portiamo tante esigenze del nostro inconscio. Al mio lavoro ho sempre chiesto profondità di emozioni. Faccio un lavoro che amo e che può dare illusioni e realtà al pubblico».
Aaron Sorkin ha ribadito che vuole lei come protagonista del suo film «Trial of the Chicago 7» per l’attivista politico Tom Hayden…
«Spero sia il mio prossimo impegno e Sorkin ha scritto il copione perseguendo il progetto per anni: Hayden è morto nel 2016, ma il suo impegno democratico è attuale e la ricostruzione della Convention Democratica a Chicago nel 1968 proporrà alla platea problemi irrisolti ancora oggi. Credo agli assunti politici e sociali del cinema».
Come concilia privato e impegni professionali?
«I primi hanno la priorità specie da quando sono padre e sono facilitato dal fatto che mia moglie Hanna discute con me ogni mia esigenza».
È stato divertente dare nel secondo film della saga la caccia al cattivo e oscuro mago, biondo per l’occasione, Johnny Depp/gellert Grindelwald?
«Molto e tutto il cast è eccellente, dal professore di Jude Law al simpatico Dan Fogler e le donne, Zoe Kravitz, Katherine Waterson, che hanno ruoli paritari con noi maschi. Sono in prima fila per i diritti delle colleghe, lo ero ben prima del #Metoo».
Se dovesse citare un maestro, chi indicherebbe?
«Buster Keaton, che con un solo battito di ciglia trasmetteva attese e sorprese. Ho avuto Keaton come immaginario esempio per il mio mago alle prese con stregoni di ogni sorta».