Corriere della Sera

La (poco) sottile vendetta di Mou

- Giampiero Timossi

TORINO Polemico e irriverent­e. José Mourinho ha salutato a modo suoi i tifosi juventini: impassibil­e fino al 90’, provocator­io dopo il fischio finale. L’allenatore portoghese entra in campo, porta la mano destra all’orecchio: «Fatevi sentire ora». È un boato di fischi nemici, è Paulo Dybala che gli dice di «smetterla», il quarto uomo che lo porta via dal prato. «Sono venuto qui per fare il mio lavoro e sono stato insultato per 90 minuti . Non ho offeso nessuno, ho solo fatto un gesto per sentire di più. Non lo dovevo fare, a freddo non lo farei. Però insomma, essere insultato per tutto il match... Io, la mia famiglia e la famiglia interista, mi è venuto così spontaneo». Mourinho si prende la scena e anche la vittoria, ma alla fine riconosce che il successo è stato un po’ largo. «Abbiamo fatto una gara molto positiva. Abbiamo vinto, anche se il pareggio era forse un risultato più giusto. Però alla Juve un punto o zero non cambia niente». Era stata subito battaglia tra la curva Sud bianconera e l’uomo del «Triplete» nerazzurro. Per loro Mourinho è colpevole di molte cose. L’ultima è di avergli ricordato i tre trofei vinti con l’inter, il gesto a Old Trafford, il 23 ottobre. Come? Alzando le tre dita, all’inglese. E ieri è finita con un altro gesto, alla Mourinho.

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