Mattarella: abbiamo assolutamente bisogno di ispirare fiducia
«L’economia italiana presenta buoni fondamentali, a cominciare da quelle risorse di cittadini e imprese rappresentate dal risparmio delle famiglie e dall’avanzo della bilancia commerciale. Siamo in grado di fronteggiare le difficoltà che abbiamo davanti. Possiamo crescere e raggiungere migliori livelli di giustizia sociale. La più diffusa consapevolezza del bene comune aumenta la fiducia e la sicurezza nella società. Abbiamo assolutamente bisogno di ispirare fiducia. Le imprese lo sanno».
Sergio Mattarella consegna le onorificenze ai 25 nuovi cavalieri del lavoro e utilizza la cerimonia per lanciare qualche avvertimento al governo. Lo fa senza toni severi e senza citare la manovra contestata dall’ue, anche se è ovvio che al cuore delle sue riflessioni c’è il pericolo d’isolamento dell’italia (oltre che di una procedura d’infrazione). Ma che a tutto questo pensi lo si ricava, oltre che dalle parole, dagli sguardi che gira verso il vicepremier Luigi Di Maio, al suo fianco al Quirinale. L’incipit del discorso del presidente si focalizza sul lavoro, «che resta la vera priorità e la bussola di ogni nostro sforzo». Una sfida che chiama in causa «l’impegno degli imprenditori», mentre compito di chi riveste funzioni pubbliche è «rendere più agevole la loro attività e più favorevoli le ricadute sociali dei risultati economici». Certo, da questo punto di vista la realtà è complicata, e Mattarella non lo nasconde. «Siamo alle prese con un rallentamento della congiuntura, che riflette incertezze internazionali e comporta rischi per il nostro sistema economico e produttivo». Perciò, segnala, «vanno garantiti equilibri che rafforzino le capacità delle imprese e, al tempo stesso, tutelino il risparmio, riducano le aree di povertà e precarietà, consentano di ammodernare le infrastrutture in modo che il Paese non perda terreno».
Gli imprenditori
Il messaggio agli imprenditori: «Rendere più agevole la loro attività e più favorevoli le ricadute sociali dei risultati economici»
Allude a «equilibri dinamici», che vanno «continuamente verificati guardando ciò che accade fuori da noi» e in primo luogo in Europa. Per cui «sarebbe un errore pensar di determinare i nostri equilibri economici e sociali come se rispondessero soltanto a un orizzonte interno». E peggio sarebbe poi azzardare provvedimenti di corto respiro, perché «non c’è calcolo di breve periodo che possa giustificare il rischio di comprimere un potenziale di sviluppo per l’intera comunità». Ecco il punto politico del suo ragionamento. Per lui qualsiasi manovra programmata è legittima e rispettabile, e lui è pronto ad accompagnarne l’iter, a difesa del Paese. Roma però non può pretendere di farsi i conti da sola, senza considerare quello che ci circonda. Appunto perché «viviamo in un mondo in cui si moltiplicano le interdipendenze» e abbiamo bisogno di «un’europa che dia priorità a uno sviluppo equilibrato», facendo anch’essa la sua parte.