Corriere della Sera

Unicredit, utile per 2,16 miliardi Mustier: raggiunger­emo gli obiettivi

Il manager investe la sua retribuzio­ne da 1,2 milioni in azioni e strumenti della banca

- Fabio Savelli

MILANO La svalutazio­ne della lira turca. E il contenzios­o aperto con le autorità fiscali Usa: frena la trimestral­e di Unicredit. Il gruppo di piazza Gae Aulenti ha archiviato i primi nove mesi con un utile che tocca i 2,16 miliardi, meno della metà (-53,7%) rispetto ai 4,67 miliardi messi a bilancio nel 2017. A pesare è proprio il terzo trimestre (29 milioni il risultato, quello rettificat­o a 875 milioni su un’aspettativ­a degli analisti di 907) che vede la verifica sul valore della quota nella controllat­a turca Yapi per 846 milioni. Da registrare gli accantonam­enti addizional­i («Stiamo negoziando con le autorità», ha spiegato ieri il ceo Jean Pierre Mustier) per l’imminente liquidazio­ne delle presunte violazioni delle sanzioni americane all’iran.

Per correggere il tiro Unicredit (che in Borsa ha archiviato la seduta perdendo il 3,8% a 11,35 euro, per una capitalizz­azione ora di 25,3 miliardi), sta adottando una serie di misure a protezione del capitale. Sono attese cessioni di attività specifiche tra cui quelle immobiliar­i. È attesa soprattutt­o una riduzione del 35% nella «sensibilit­à» del Cet1 ratio, il valore che misura la solidità patrimonia­le di un istituto, all’aumento dei rendimenti sui Btp (nove punti l’impatto della volatilità nel l’ultimo trimestre) per una banca che ha in portafogli­o circa 57 miliardi di euro di titoli di Stato italiani. Unicredit aggiorna così gli obiettivi del piano in corso con scadenza 2019. Rivede per quest’anno i ricavi limandoli da 20,1 a 19,8 miliardi. Ridotti anche i target sul Cet1 ratio dal 12,3%-12,5% a 11,5-12%. Resta «l’obiettivo di utile netto al 2019 di 4,7 miliardi di euro», ha detto Mustier che si dice «confidente sulla profittabi­lità del gruppo» confermand­o la politica dei dividendi per gli azionisti del 2018 (del 20% dell’utile) e dell’anno prossimo (del 30%).

Il top manager ha dichiarato di voler comprare azioni e strumenti di debito per l’equivalent­e del suo salario lordo (1,2 milioni). Mustier «si impegna a mantenere i titoli per almeno lo stesso periodo del piano di incentivaz­ione di lungo termine di Unicredit», quindi oltre l’orizzonte del piano. Un attestato di fiducia per la banca. La volontà di legare ancor di più la sua remunerazi­one alle performanc­e del titolo (che in questi mesi ha avuto una tendenza ribassista seguendo la volatilità che ha investito l’italia per l’aumento del rischio-paese) in linea con le migliori pratiche anglosasso­ni.

Nel dettaglio dei conti Unicredit registra ricavi per 14,9 miliardi (-1,1% sull’analogo periodo del 2017). La raccolta dalla clientela è aumentata a 420,4 miliardi a fine settembre (+5,5% anno su anno). I costi operativi sono in calo del 6,6% sui nove mesi a 8 miliardi con un rapporto sui ricavi in calo al 53,7%. Crescono soprattutt­o i ricavi commercial­i (margine di interesse +7,2% e commission­i +2,5% anno su anno) che compensano i minori proventi da negoziazio­ne (-27,4% sul 2017).

Gli analisti riflettono sulla disponibil­ità da parte di Unicredit a procedere ad alcune cessioni «per proteggere» il capitale. «Il mercato probabilme­nte penserà a Fineco e a Mediobanca come possibili quote da cedere» si legge in una nota ai clienti di Intermonte, in cui si fa notare la «stupefacen­te performanc­e» di Fineco a Piazza Affari, «la migliore tra gli asset manager con un andamento positivo da inizio anno». Il titolo tratta «circa 24 volte gli utili attesi nel 2018, multiplo superiore a quello dei concorrent­i». La vendita della partecipaz­ione di Unicredit in Mediobanca (quota che ha un carattere finanziari­o e di per sé non strategica) rischia di essere però un’ipotesi impraticab­ile perché significhe­rebbe una minusvalen­za secca a bilancio. La quota ha un valore di carico superiore all’attuale.

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Al vertice L’amministra­tore delegato e direttore generale di Unicredit Jean Pierre Mustier

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