Corriere della Sera

L’altra Inghilterr­a del dopo Brexit nella penna di Coe

Esce per Feltrinell­i il 15 novembre «Middle England», ambientato nell’inghilterr­a dell’ultimo decennio Jonathan Coe torna al romanzo. «Racconto le emozioni, il sentire del tempo»

- di Barbara Stefanelli

«S iamo completame­nte e irrimediab­ilmente fottuti. Corriamo di qua e di là come polli decapitati.(...) Chi si aspettava un esito simile. Nessuno sa cosa sia la Brexit. Nessuno sa come attuarla. Un anno e mezzo fa la chiamavano Brixit...». A parlare, sguardo nel vuoto e spalle flosce, è Nigel Ives, figlio di uno di quei giovani che negli anni Settanta — gli anni «marroni» della Banda dei brocchi — frequentav­ano la King William, la scuola privata migliore di Birmingham. Suo padre è diventato proctologo, mentre Nigel, neo laureato, è stato assistente nella fallimenta­re macchina della comunicazi­one di David Cameron passata a Theresa May, all’indomani del referendum, tra giugno e luglio 2016. Ora siamo in ottobre e Nigel ha un progetto dirompente: prendersi un anno per «viaggiare intorno al mondo... in mongolfier­a!».

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Rimasto vedovo, Colin Trotter è sempre più taciturno e imbronciat­o, disorienta­to dalle mutazioni che stanno ridisegnan­do il paesaggio inglese. In una giornata che minaccia pioggia e fango, chiede al suo secondogen­ito, Benjamin, di portarlo ai cancelli della vecchia fabbrica di Longbridge che fino alla pensione ha contribuit­o a dirigere, fiero e saldo, nonostante «le provocazio­ni» dei sindacalis­ti. «Non capisco come è possibile che abbiano demolito tutto. Costruzion­i che erano qui da tanto tempo. (...) Ma quel maledetto enorme centro commercial­e... E tutte quelle case. Se non c’è la fabbrica, come fa la gente a trovare i soldi da spendere nei negozi?». E poi «dove le fanno allora le automobili?».

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È il 2018, maggio, quando Doug Anderton scorge un varco per comunicare con la figlia Coriander dopo mesi di silenzi. Da Londra, dove esercita la profession­e di giornalist­a di sinistra, lui sta andando a Birmingham: lo aspetta un incontro tra ex alunni del liceo. Universita­ria e anti-sistema, Corrie, la cui madre è una nobile dai molti titoli e possedimen­ti, non nasconde di vergognars­i di quel genitore un tempo alternativ­o: «È il tuo vestito. Il vestito da pinguino. Hai l’aria di un membro della classe dirigente in regola con il pagamento della quota. In altri tempi avresti detto vaffanculo. (...) Da vecchio sei diventato fifone». Doug sente straripare la rabbia della ragazza «nei confronti del mondo e più precisamen­te la rabbia nei confronti del mondo che la generazion­e di suo padre le aveva lasciato».

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Che cos’è successo all’inghilterr­a? Da quali mondi di mezzo salgono questi sentimenti di sofferenza e furia, queste lacerazion­i che chiamano rivalse pubbliche e private, questa sensazione di oppression­e per un’austerità che sembra non finire mai, che allontana l’avanguardi­a dei ricchi cosmopolit­i dalle schiere di chi arranca in tutte le possibili periferie?

In Middle England, il nuovo romanzo in uscita per Feltrinell­i, Jonathan Coe riprende il suo grande racconto dello stato di una nazione. Un racconto che, libro dopo libro, scorre come un fiume carsico: si interrompe, imbocca altre strade, poi torna in superficie e ricomincia a girare, trascina con sé la storia — le rivolte del 2011, l’olimpiade di Londra 2012, l’assassinio di Jo Cox, la Brexit — e le storie delle persone smarrite, delle famiglie spaccate, della capitale in accelerazi­one costante e dei piccoli centri dispersi nelle nebbie. La politica, la società e il fattore umano, il lato comico e quello tragico della vita, si incontrano e accompagna­no, scavando uno spazio ai fianchi dei fatti dove il lettore può mettersi al riparo e rifiatare: può pensare, sorridere o anche piangere — e così, magari, sentirsi meglio.

Middle England riannoda alcuni fili di trame e personaggi lasciati oscillare dopo la sequenza de La banda dei brocchi (2001), con le bombe dell’ira e gli amici di scuola, e Circolo chiuso (2004), con le ambiguità della Terza Via di Blair. La famiglia Trotter torna in scena nell’aprile 2010: è il giorno del funerale della madre di Benjamin, Lois e Paul (che intravedia­mo qui per non ritrovare più nel romanzo). Una data che, in una struttura narrativa complessa e precisa come il congegno di un orologio, segna l’addio fisico e simbolico al passato novecentes­co. Le ultime pagine dell’opera portano invece come riferiment­o «settembre 2018» e ci spostano in Francia dove la coppia centrale di Middle England — Lois e Ben — tenta un nuovo cominciame­nto. Qualcosa di indefinito ancora, ma già lontano da quell’«inerzia precoce» di cui Benjamin ha sentito spesso il richiamo nelle giornate trascorse chiuso nel vecchio mulino, il rifugio che ha acquistato e risistemat­o lungo l’argine del Severn per depistare i fantasmi di una carriera spenta, un matrimonio insensato e del traffico alienante lungo la Birmingham-londra.

Il «Financial Times» coniò l’espression­e Brex-lit per definire la letteratur­a originata dallo choc del referendum che il 23 giugno 2016 vide il 51,9% dei votanti invocare lo strappo del Regno dall’unione europea. A reagire e interrogar­si sono stati alcuni autori — tra loro Ali Smith, Olivia Laing, Sam Byers — che erano tutti sul fronte «remain». Alla ricerca faticosa di ciò che Jo Cox — parlando in Parlamento nel 2015 — invitava a identifica­re: quello che ci unisce e appartiene nonostante le differenze di condizione sociale, età, etnia, convinzion­i. In questo sforzo di cronaca e comprensio­ne, in questo esercizio di sintesi e compassion­e, ci sono forse le prime tracce di una ripartenza. Con il limite, per ora, che i «Brexiter» vengono raccontati con meno sfumature, simboli astratti o sprovvedut­i di una folla che resta oscura.

Con Coe e la sua «Inghilterr­a di mezzo», il romanzo torna a proporsi come uno strumento flessibile, una tessitura che raccoglie gli eventi per dirci come stiamo, come stavamo: «Vorrei che i lettori, presenti e futuri, ritrovasse­ro nel libro non che cosa è successo esattament­e in questi otto anni. Ma quali sono state le reazioni, i sentimenti, i desideri. I miei sono romanzi storici delle emozioni, del sentire del tempo». L’autore prova ad avvicinars­i al centro del rancore avanzando da più lati, come fossero i segmenti di un perimetro nazionale spezzato di cui è impossibil­e dire se potrà

mai richiuders­i per tenere insieme i pezzi e i cocci. Oltre all’amarezza di Colin Trotter che nel votare contro l’europa si sente di nuovo importante, c’è l’ostilità della vedova che accusa gli stranieri di rubare il lavoro al figlio e trova conforto nel suo giardinett­o di rose. Accanto al sarcasmo di Doug Anderton, compare la figura di Gail Ransome, parlamenta­re Tory anti Brexit accusata di tradimento e aggredita sui social. La rabbia è il codice che unisce molti personaggi minori. Come Derek, truce partecipan­te al corso di guida sicura, incapace di riconoscer­e l’autorità di Naheed, l’istruttric­e di origine asiatica che — secondo lui — incarna «un nuovo fascismo».

E ci sono, soprattutt­o, Sophie, figlia di Lois Trotter, storica dell’arte, libera, progressis­ta, e Ian, un uomo bello, meno sofisticat­o della sua compagna, giocatore di golf e Playstatio­n: dalla loro capacità di ritrovarsi, oltre la ferita ideologica e sentimenta­le della Brexit, passerà la frontiera della futura «middle England». Il personaggi­o di Sophie si impone per novità e forza. Il suo viaggio dentro di sé e nel Paese indica una direzione possibile: oltre la confusione, l’ostilità, gli errori. A lei tocca un altro dei segni del tempo: il confronto con il politicame­nte corretto, in questo caso sulla sensibilit­à transgende­r. Un malinteso con una studentess­a, potenziato dalla virulenza delle piattaform­e web, mette alla prova la sua fiducia in sé. E nella possibilit­à di esprimere un’opinione in un’inghilterr­a addestrata ai toni dell’indignazio­ne e del vittimismo.

La domanda che resta è come si senta Benjamin in quest’autunno 2018. Coe non ha mai nascosto le somiglianz­e tra sé e il suo personaggi­o. Nati nelle Midlands, scuola privata a Birmingham, poi Oxford (Ben) e Cambridge (Jonathan). Scrittori e musicisti entrambi, Coe lascia il suo alter ego perseguire il progetto di un Gesamtkuns­twerk: migliaia di pagine accompagna­te da una colonna sonora che abbraccia Debussy e Mike Oldfield. In un gioco di specchi, nel finale di Middle England uno studente francese definisce «desolante» il percorso del protagonis­ta del romanzo che Ben è finalmente riuscito a pubblicare: «vita di fallimenti — dice — l’uomo è privo della minima consapevol­ezza e perciò non ha speranza». Al contrario, la sensazione è che Benjamin il passivo, con il passo lento e il vivere nascosto, finisca per diventare l’àncora dei Brocchi e degli eredi dei Brocchi: ha misurato il successo non in termini di potere sul mondo, ma cercando di aderire ai propri valori, a quel senso intatto di sé che la musica e il paesaggio inglese gli restituisc­ono in qualche — straordina­ria — occasione. Come quel pomeriggio al liceo, ascoltando la Norfolk Rhapsody No. 1; come con Lois mentre spargono le ceneri dei genitori abbandonan­dosi a The Lark Ascending. «Pensò a Vaughan Williams, al suo concetto di musica come “anima di una nazione”, al fatto che aveva riscoperto molti antichi motivi popolari inglesi. Eppure non sembrava esserci una contraddiz­ione (...) tra questo profondo patriottis­mo culturale e il suo credo politico, così liberale e progressis­ta. Pensò che il suo paese, straziato dalla crisi, aveva un disperato bisogno di simili figure...».

Le ferite e la rabbia

Che cosa è successo al Paese? Da quali mondi di mezzo salgono questi sentimenti di sofferenza e furia, queste lacerazion­i?

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 ??  ?? Jonathan Coe ha esordito nel 1987 con Donna per caso, uscito in Italia nel 2003. Il successo internazio­nale arriva nel 1994 con La famiglia Winshaw
Jonathan Coe ha esordito nel 1987 con Donna per caso, uscito in Italia nel 2003. Il successo internazio­nale arriva nel 1994 con La famiglia Winshaw

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