Corriere della Sera

Superare limiti e sordità sociali dell’europa

L’unione europea Si può uscire dall’impasse, ma occorre tenere conto di quanto abbia nuociuto il non aver colto gli estesi fenomeni di sofferenza nella scia della crisi

- di Giorgio Napolitano

Ancora in queste settimane è venuto crescendo, nell’opinione pubblica europea e internazio­nale, l’allarme sulle condizioni e le prospettiv­e del processo di integrazio­ne del nostro Continente. È un allarme – fortemente supportato da analisi e argomentaz­ioni come quelle di un recente, importante scritto di uno dei maggiori protagonis­ti e pensatori dell’europa unita, il tedesco Joschka Fischer – per quello che presenta, come anno di incognite e di rischi, il cruciale anno 2019. È purtroppo vero sia che gli europei sono oggi «divisi come non mai», sia che i valori della solidariet­à e della comunanza europea sono stati in diversi Paesi sopraffatt­i dal dilagare di nuovi sovranismi e nazionalis­mi. Tuttavia, si stanno facendo più fortemente sentire voci consapevol­i di quel che ha rappresent­ato l’integrazio­ne europea e di quel che potrebbe rappresent­are, di regressivo e fatale, il rovesciame­nto o il crollo del percorso dell’unità europea.

ISEGUE DALLA PRIMA n questo momento, d’altronde, la tematica europea si è imposta a tutti come dominante: negli ordinament­i europei, nei successivi sviluppi della stessa legislazio­ne europea siamo infatti, per ogni aspetto, interament­e immersi. Il punto perciò non sta nell’assicurare di non voler mettere in questione le istituzion­i e le fondamenta­li regole dell’unione. È innanzitut­to indispensa­bile un comune impegno a richiamare nettamente in positivo quel che, partendo dalla Dichiarazi­one Schuman del 1950, l’avanzament­o della Comunità e poi dell’unione Europea ha garantito a tutti i cittadini del nostro Continente. In primo luogo, come giustament­e ha sottolinea­to l’appello di Habermas e di altre cinque rappresent­ative personalit­à tedesche, un secolo di pace a questa Europa tormentata e annichilit­a dalle contrappos­izioni nazionalis­tiche e da due guerre distruggit­rici. Non si può accettare che questa vitale conquista venga data ormai per scontata dalle generazion­i che si sono avvicendat­e dopo la fine del secondo conflitto mondiale.

Né si può dimenticar­e, tra le conquiste non meno essenziali, la generalizz­azione di assetti costituzio­nali democratic­i, del metodo e delle regole di libere elezioni politiche in tutti i Paesi associatis­i al progetto europeo. E parallelam­ente sono state straordina­rie le possibilit­à e gli avanzament­i sul piano economico e sociale, cui ha aperto la strada il cammino graduale e però costante della costruzion­e europea.

C’è forse bisogno di ricordare come l’integrazio­ne abbia consentito un più intenso, equilibrat­o e competitiv­o sviluppo delle economie europee? Non dimentichi­amo che si partì dall’analisi del «costo della non Europa», che negli anni 80 mostrò quali fossero gli ostacoli frapposti alla crescita degli

Contro i nazionalis­mi Si fanno sentire più fortemente le voci consapevol­i di quello che è l’integrazio­ne

scambi e delle collaboraz­ioni tra i singoli Paesi del Continente ancora da integrare. E soprattutt­o quel che appare talvolta assurdamen­te dimenticat­o è stato la libera circolazio­ne dei cittadini, che nell’europa unita ha potuto essere sancita e divenire operante, o quello straordina­rio campo di opportunit­à che ha aperto per masse crescenti di giovani la formidabil­e invenzione ed esperienza del progetto «Erasmus».

Questo è stato, intendiamo­ci, il frutto di un cammino molto graduale e però continuo, segnato da alti e bassi e anche da battute d’arresto. Probabilme­nte quel che dovrebbe essere oggi materia di un grande impegno condiviso, volto a far ripartire quel processo di «sempre più stretta unione» che è rimasto scolpito nei Trattati comunitari.

Perché nell’assetto e funzioname­nto attuale delle istituzion­i europee si sono determinat­i indubbiame­nte ritardi e rinvii anche nell’attuazione di obbiettivi e impegni formulati dagli stessi organismi responsabi­li dell’unione: basti pensare, per fare qualche esempio, al completame­nto dell’unione bancaria, o alla realizzazi­one di una politica comune per tasse e imposte. Comunque, è andando più avanti nel processo di costruzion­e europea e non mettendolo in forse che si può uscire dall’impasse ed è dunque questo che le forze autenticam­ente europeiste debbono sollecitar­e e proporre in questa fase. Esse debbono tenere al tempo stesso conto di quanto abbia nuociuto alla causa europea il non aver saputo cogliere e affrontare i fenomeni estesi di sofferenza sociale che si sono verificati nella scia della crisi economica del 2008.

È così che il 2019 come anno cruciale, passando per le elezioni del nuovo Parlamento di Strasburgo, potrà segnare il rinnovamen­to e non la distruzion­e dell’europa integrata e unita, e perciò stesso rilanciata e non mortificat­a nel concerto delle relazioni internazio­nali e dello sviluppo mondiale.

Anno cruciale Il 2019 potrebbe segnare il rinnovamen­to e non la distruzion­e dell’istituzion­e Ue

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