Blangiardo e la partita a scacchi per l’istat
Sembra che nel colloquio di selezione almeno due dei tre candidati per il posto di presidente dell’istat abbiano ricevuto da Giulia Bongiorno, ministro dell’amministrazione pubblica, una sola domanda sulle varie aree tematiche dell’istituto statistico: «Come migliorerebbe i dati sui fenomeni migratori?». È una curiosità legittima. Le migrazioni sono un grande fenomeno di questo secolo ed è importante disporre di statistiche sempre più accurate per capirlo. Un’altra storia sarebbe invece se il governo, nel selezionare il prossimo capo dell’istat, cercasse qualcuno che sia sensibile alle proprie priorità politiche. Il codice di condotta europeo prevede al primo punto che i presidenti nazionali debbano garantire «l’indipendenza professionale delle autorità statistiche dagli altri dipartimenti e organi politici, regolatori o amministrativi (...) per garantire la credibilità delle statistiche europee». Ciò si applica sia ai dati sulle migrazioni che a quelli, delicatissimi, sull’economia, l’occupazione e la finanza pubblica. Alla fine della selezione Bongiorno ha indicato colui che già all’inizio dell’estate era emerso come il candidato favorito dalla Lega: Gian Carlo Blangiardo dell’università Bicocca. È un demografo, ma ha prevalso su due statistici puri, più dotati di esperienza internazionale, come Maurizio Vichi della Sapienza e Elisabetta Carfagna dell’università di Bologna. Mesi fa Blangiardo intervenne su Libero fornendo dati a supporto di posizioni sull’immigrazione che piacciono alla Lega. Non è un reato e questo governo non è il primo a preferire tecnici culturalmente vicini. Resta però un principio di fondo: a un presidente dell’istat non basta essere indipendente; deve anche sembrarlo, al di sopra di ogni dubbio, perché delle sue statistiche possano fidarsi tutti. In Italia e fuori.