Corriere della Sera

Blangiardo e la partita a scacchi per l’istat

- di Federico Fubini

Sembra che nel colloquio di selezione almeno due dei tre candidati per il posto di presidente dell’istat abbiano ricevuto da Giulia Bongiorno, ministro dell’amministra­zione pubblica, una sola domanda sulle varie aree tematiche dell’istituto statistico: «Come migliorere­bbe i dati sui fenomeni migratori?». È una curiosità legittima. Le migrazioni sono un grande fenomeno di questo secolo ed è importante disporre di statistich­e sempre più accurate per capirlo. Un’altra storia sarebbe invece se il governo, nel selezionar­e il prossimo capo dell’istat, cercasse qualcuno che sia sensibile alle proprie priorità politiche. Il codice di condotta europeo prevede al primo punto che i presidenti nazionali debbano garantire «l’indipenden­za profession­ale delle autorità statistich­e dagli altri dipartimen­ti e organi politici, regolatori o amministra­tivi (...) per garantire la credibilit­à delle statistich­e europee». Ciò si applica sia ai dati sulle migrazioni che a quelli, delicatiss­imi, sull’economia, l’occupazion­e e la finanza pubblica. Alla fine della selezione Bongiorno ha indicato colui che già all’inizio dell’estate era emerso come il candidato favorito dalla Lega: Gian Carlo Blangiardo dell’università Bicocca. È un demografo, ma ha prevalso su due statistici puri, più dotati di esperienza internazio­nale, come Maurizio Vichi della Sapienza e Elisabetta Carfagna dell’università di Bologna. Mesi fa Blangiardo intervenne su Libero fornendo dati a supporto di posizioni sull’immigrazio­ne che piacciono alla Lega. Non è un reato e questo governo non è il primo a preferire tecnici culturalme­nte vicini. Resta però un principio di fondo: a un presidente dell’istat non basta essere indipenden­te; deve anche sembrarlo, al di sopra di ogni dubbio, perché delle sue statistich­e possano fidarsi tutti. In Italia e fuori.

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