«Chi era contro finiva male» Il peso di Marra «Rasputin» nel cuore del Campidoglio
L’ex capo di gabinetto Raineri, la «zarina» e lo scontro sulle nomine
ROMA L’ultimo faccia a faccia tra Virginia Raggi e Carla Raineri era avvenuto il 24 agosto 2016. Quel giorno, in un Campidoglio da poco conquistato dai 5 Stelle, il capo di gabinetto comunica alla sindaca di voler sostituire Raffaele Marra. Una settimana dopo Raineri dà le dimissioni. La resa dei conti tra le due è arrivata ieri al processo: Raggi è imputata di falso, Raineri è il teste chiave dei pubblici ministeri.
Scontro sulle nomine
È proprio nel corso dell’ultima udienza che il pesantissimo scambio di accuse tra le due — al di là della questione diventata ormai personale — ha consentito di ricostruire che cosa è accaduto negli ultimi due anni e mezzo al Comune di Roma, gli scontri per il potere, la corsa alle nomine. Ma anche le scelte imposte «dal vertice del Movimento», come è costretta ad ammettere la stessa Raggi. E soprattutto il ruolo dominante di Raffaele Marra, fino all’arresto per corruzione nel dicembre 2016, quando finì in carcere con l’accusa di aver accettato una casa dal costruttore Renato Scarpellini in cambio di favori e la sindaca tentò di prendere le distanze definendolo «uno dei 23 mila dipendenti».
«Una brutta fine»
Raineri parla per quasi quattro ore e va subito al punto sottolineando «il fortissimo ascendente di Marra e la debolezza della sindaca come la zarina ai tempi di Rasputin». E poi dice: «Marra non aveva nessuna delega, era formalmente il vice capo di gabinetto ma era il consigliere privilegiato del sindaco. Lui e Salvatore Romeo, capo della segreteria, si comportavano in maniera autoreferenziale e arrogante, Marra almeno manteneva sempre un bon ton istituzionale, mentre Romeo era arrogante e maleducato». Racconta di «stanze a porte chiuse, riunioni inaccessibili a tutti se non all’allora vice
Il giudice
Il verdetto sul futuro del Comune in mano al giudice monocratico Ranazzi
sindaco Daniele Frongia. Chiunque si fosse messo di traverso rispetto alle loro ambizioni faceva una brutta fine. Penso a me, quando dissi che intendevo sostituire Marra con un generale dei Carabinieri nel ruolo di vice capo di gabinetto. Due giorni dopo fu chiesto un parere all’anac di Cantone sulla legittimità della mia nomina. La tranquillizzai che era tutto a posto, ma quando capii che avrebbero usato quel parere per farmi fuori, diedi le dimissioni».
«Questione di soldi»
Raggi decide di fare dichiarazioni spontanee, non vuole lasciare all’avversaria l’ultima parola. E quindi tenta di screditarla. «Quando arrivò il parere dell’anac sul suo inquadramento, mi disse “non sono venuta da Milano per prendere 130 mila euro”. Quindi ne faceva unicamente una questione di soldi». Parla di «testimonianza surreale e basata su palesi falsità. Ho sentito parlare di rapporti a tratti simili a gossip, basati su voci di corridoio e avvenuti nell' agosto del 2016. Oggi capisco che era maldisposta e probabilmente con noi non voleva lavorare». Chiarisce: «Non la conoscevo, era stata portata da Marcello Minenna che a sua volta era stato indicato dai vertici del Movimento, dai miei referenti politici, come assessore al Bilancio. Rimasi interdetta quando al primo incontro, mi disse “cara non ti preoccupare, starò con te per un anno, un anno e mezzo al massimo”. Subito non compresi, poi Minenna disse che c’erano le elezioni politiche e loro erano interessati a fornire un supporto al Movimento 5 Stelle».
I «fedelissimi»
Minenna e Raineri vanno via il 2 settembre in lite con la sindaca. Ma la battaglia interna al Campidoglio non si ferma e sono proprio le rinunce, ma anche le altre inchieste a segnare il mandato di Raggi. Due in particolare, che coinvolgono direttamente i suoi «fedelissimi». Oltre a Raffaele Marra, Luca Lanzalone, consulente della sindaca per lo stadio della Roma e presidente di Acea, finito agli arresti domiciliari per corruzione. Oggi sarà il giudice monocratico Roberto Ranazzi a pronunciare la sentenza sulla Raggi. Un verdetto che potrebbe segnare anche la sorte del Campidoglio.