Corriere della Sera

UN PAESE ISOLATO PRIGIONIER­O DI LOGICHE SOLO ELETTORALI

- di Massimo Franco

Si avverte una sconnessio­ne evidente tra il modo in cui si racconta la crisi italiana nel nostro Paese, e quello prevalente all’estero. La narrazione per così dire «autarchica» accredita un cambiament­o virtuoso in atto; una sfida all’europa dalla quale l’italia riemergerà in salute economica; e una maggioranz­a tra Movimento 5 Stelle e Lega destinata a offrire ricette vincenti all’intero continente. L’elettorali­smo delle loro ricette viene negato: si tratti di reddito di cittadinan­za dai contorni assistenzi­ali e confusi, o di un decreto sulla sicurezza che favorisce una «cultura delle armi» tale da sconcertar­e perfino il New York Times.

Fuori dai nostri confini, invece, l’italia appare una nazione isolata. Prigionier­a di un atteggiame­nto velleitari­o e suicida. E destinata a scendere molto presto nel girone dei Paesi non solo vigilati speciali, ma sull’orlo del collasso finanziari­o. Gli scenari non riguardano l’immediato: anche perché le Europee di maggio proiettano ombre strumental­i non solo sugli attacchi di Luigi Di Maio e Matteo Salvini alla Commission­e di Bruxelles, ma anche su quelli contro il governo gialloverd­e.

La domanda è che succederà di qui a quel voto; e dopo. La divergenza tra le promesse e quanto è stato fatto finora si sta allargando. Non bastano i tagli ai vitalizi o la promessa di «ridurre i costi della politica per aiutare le vittime del maltempo», fatta ieri dal premier Giuseppe Conte, a riempire il vuoto. L’impression­e è che tuttora le mosse delle due forze legate dal «contratto di governo» guardino alle urne; e mirino più a prendere o anche solo a non perdere consensi, che a impostare una politica di ripresa.

Sostenere, come il ministro dell’economia Giovanni Tria, che è «inutile parlare di manovre correttive perché non siamo la Grecia» è vero e insieme autoconsol­atorio. In realtà, nei consessi internazio­nali la crisi italiana è in primo piano. E quando il vicepremie­r del M5S, Di Maio, dice di non prevedere una multa europea per la manovra finanziari­a di Roma, rafforza la sensazione di una sfida che sa di azzardo.

Il suo è un atto di fede, a meno che non si prepari a ricalibrar­e le misure annunciate finora. Prospettiv­a improbabil­e, almeno a sentire i vertici del governo e un Salvini convinto che una Commission­e «con gli scatoloni e le valigie pronte» non possa «dare lezioni». Il problema è che l’allarme non proviene solo da lì. Quirinale, Bce, Bankitalia, Istat mandano segnali univoci: non si può escludere una recessione. Il calcolo di M5S e Lega è che l’opinione pubblica se ne accorga dopo le elezioni. Ma il danno sarebbe già stato fatto. È un gioco ad alto rischio.

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