Tim, cadono i titoli a Piazza Affari Vivendi contro Elliott e il consiglio
Giù del 3,9% dopo la maxi svalutazione. I francesi confermano la fiducia a Genish
Tim finisce sotto pressione in Borsa all’indomani della presentazione dei conti, chiusi in rosso per 800 milioni di euro. La sorpresa della maxi svalutazione da 2 miliardi e del «profit warning» che spunta tra le righe del bilancio, ha scatenato un’ondata di vendite. Dopo essere arrivata a perdere quasi il 6%, Tim ha chiuso la seduta in ribasso del 3,91%.
La situazione che si è venuta a creare è insostenibile a detta di Vivendi. Il primo azionista del gruppo telefonico ieri è tornato ad attaccare Elliott, che controlla la maggioranza del board, e i suoi consiglieri. «Questi risultati mostrano la totale disorganizzazione della società e il fallimento della nuova governance» ha dichiarato un portavoce del gruppo francese, rinnovando la fiducia al ceo Amos Genish, messo a dura prova giovedì da un consiglio che ormai litiga su tutto. Non si può certo dare torto a Vivendi. Il conflitto tra consiglieri ha portato di fatto a uno stallo in Tim, in cui il destino di Genish resta sospeso, mentre servirebbe maggiore chiarezza sulle strategie. E non solo. Da questo punto di vista sorprende il silenzio di Elliott che, pur avendo i numeri per
incidere sulla gestione, non sembra preoccupata dall’andamento dell’azienda. Ieri Genish ha provato a convincere gli analisti che, nonostante le svalutazioni, Tim sta andando nella direzione giusta anche se con una velocità inferiore a quella prevista. «Il management si sta concentrando sul gestire il business per garantire i risultati migliori possibili» ha assicurato il manager israeliano, che ha annunciato una revisione degli obiettivi in occasione del nuovo piano strategico che verrà presentato a gennaio.
Quanto può durare questa situazione nessuno lo sa. Sul mercato continuano a circolare
voci di riassetti al vertice. Una parlava della possibilità di assegnare i poteri esecutivi al presidente Fulvio Conti, a cui affiancare un direttore generale nominato dal board. In base agli accordi con Elliot tuttavia Conti non può assumere deleghe operative in Tim, pena la decadenza. L’ipotesi sarebbe comunque già tramontata.
Resta da capire cosa pensa di questa situazione la Cdp, che in primavera ha comprato il 5% di Tim e all’assemblea di maggio ha appoggiato il ribaltone organizzato da Elliott. La Cassa è anche azionista al 50% di Open Fiber e la mossa sul gruppo telefonico era stata messa in relazione a una possibile integrazioni delle reti. Giovedì Tim e Open Fiber hanno firmato un accordo per iniziare a parlare di possibili sinergie. Potrebbe essere il preludio alla nascita della società della rete, in cui entrerebbe Cdp e altri operatori insieme a fondi infrastrutturali.
Di certo Vivendi non intende arretrare. L’amministratore delegato del gruppo francese, Arnaud de Puyfontaine, che è anche consigliere di Tim, continua a tessere la tela per riportare Vivendi in sella. Il gruppo controllato da Vincent Bolloré ha investito quasi 5 miliardi nel gruppo telefonico per ritrovarsi oggi in minoranza nel board. Vuole recuperare valore. E il controllo di Tim. Sul mercato viene dato ormai per scontato. L’occasione poteva essere l’assemblea che per il rinnovo dell’incarico al revisore dei conti, con la richiesta da parte dei francesi di integrare l’ordine del giorno con la revoca dei consiglieri e la nomina di un nuovo board. Giovedì tuttavia la proposta di convocarla entro fine anno è stata bocciata. Ma Vivendi, con il 24%, può chiedere di convocare i soci in qualunque momento.