Corriere della Sera

La staffetta de la Lettura: il dietro le quinte

Nel numero in edicola fino a sabato prossimo parlano gli autori della storia a puntate. Un film sull’arte di Ligabue

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Hanno accettato la sfida e l’hanno portata a termine: gli otto scrittori del Romanzo italiano, uscito a puntate e a staffetta su «la Lettura» dal 22 luglio al 4 novembre, lunedì scorso hanno rievocato l’avventura letteraria prima in un incontro in Sala Albertini — la sala in cui si svolgono le riunioni del «Corriere» — e poi davanti al pubblico dei lettori in Sala Buzzati.

Il nuovo numero de «la Lettura» #363, in edicola fino a sabato 17 novembre, si apre proprio con la conversazi­one di Silvia Avallone, Teresa Ciabatti, Mauro Covacich, Maurizio de Giovanni, Fabio Genovesi, Marco Missiroli, Emanuele Trevi e Sandro Veronesi, in un servizio a cura di Ida Bozzi, sull’avventura di scrivere un romanzo a sedici mani.

Gli scrittori spiegano l’emozione di passarsi il testimone per sedici settimane, tante quante le puntate (che dovevano essere otto e poi sono raddoppiat­e): nella conversazi­one con «la Lettura» confessano l’amore e la gelosia per i personaggi del romanzo collettivo, ma affrontano anche questioni stilistich­e ragionando su terza persona e suspence. La chiacchier­ata rivela aspetti divertenti della staffetta letteraria (i messaggini dall’uno all’altro autore per la salvezza in extremis di un personaggi­o) e svela il titolo, anzi i titoli, proposti per l’opera collettiva, che finora aveva solo il nome provvisori­o di Romanzo italiano.

Sono molte le storie, sul nuovo numero de «la Lettura». Una è la vicenda, insieme dolorosa e luminosa, di Antonio Ligabue, anzi Laccabue, come suonava all’origine il suo cognome, raccontata nel servizio di Carlo Vulpio. Mentre sull’artista si sta girando un nuovo film, Volevo nasconderm­i, diretto da Giorgio Diritti e con Elio Germano nei panni del pittore (già interpreta­to da Flavio Bucci nello sceneggiat­o del 1977 diretto da Salvatore Nocita), a raccontare la storia del pittore è Augusto Agosta Tota, il primo che ancora ragazzo scoprì l’arte di Toni al Matt e che oggi è l’anima della Fondazione Ligabue. Così come raccontano il pittore anche le immagini del set, delle moto Guzzi amate dall’artista, e delle sue opere. (j. ch.)

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Un autoritrat­to di Ligabue, 1954-55

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