Una teoria di grandi classici tra gusto «alto» e popolare
Anche una rarità di Rossini. E la maratona Beethoven
«Ci sono ovviamente l’orgoglio e la soddisfazione per essere riusciti a realizzare il “Così fan tutte” con Muti, ma se devo indicare l’elemento che caratterizza il cartellone operistico, è la varietà». Basta semplicemente scorrere i titoli per veder confermate le parole del direttore artistico del San Carlo, Paolo Pinamonti: dopo il coronamento della trilogia dapontiana, c’è un’alternanza insolita tra raro e popolare, con la «Kat‘a Kabanová» di Janácek e «Bohème», il musical di Gershwin «Lady, Be Good!» e Verdi con «Un ballo in maschera».
I due giganti del teatro lirico italiano sono gli unici due nomi che tornano due volte, rappresentati anche da «Madama Butterfly» e «Traviata». Il terzo, Rossini, arriva con una rarità preziosa, «Ermione», che ebbe la sua prima rappresentazione proprio al San Carlo, il 27 marzo del 1819: «Questa scelta risponde a un’altra nostra precisa volontà: mettere a tema la storia del nostro teatro e il ruolo che ebbe nella storia del melodramma», sottolinea Pinamonti. «Bisogna ricordare che Rossini in soli sette anni, dal 1815 al 22, creò per Napoli ben nove opere, da “Elisabetta, regina d’inghilterra” a “La donna del lago” e “Zelmira”; più altri titoli per altri teatri come “Cenerentola” e “Il barbiere di Siviglia” che cambiarono lo stile, la concezione e il linguaggio lirico d’allora; il nostro contributo a questa fase miracolosa dal Cigno di Pesaro è la ripresa dei capolavori napoletani; due stagioni fa abbiamo proposto l’“otello”, lo scorso anno il “Mosé in Egitto” e ora quest’opera rara che si rifà alla tragedia greca».
A confermare l’alternanza di popolare e ricercato ecco i due titoli-icona del verismo musicale, «Pagliacci» e «Cavalleria rusticana», accanto a «Les contes d’hoffman» di Offenbach, mentre «La Valchiria» non può essere certo derubricata a titolo desueto, ma conferma l’ampiezza del panorama stilistico e culturale abbracciato dal cartellone partenopeo. «Accanto alla varietà vorrei sottolineare la qualità: Willy Decker, che firma Janácek, è un grande regista; da noi è poco conosciuto e sono contento di proporlo al pubblico italiano; dopo la bella “Traviata” di sette anni fa, Ferzan Ozpetek torna a confrontarsi con la lirica e lo fa con un altro titolo popolarissimo, la “Butterfly”». Anche tra le bacchette spiccano nomi di assoluta affidabilità come Stefano Ranzani per «Traviata» e Donato Renzetti per «Un ballo in maschera», oltre ai tre concertati dal direttore musicale Juraj Valcuha, «Kat‘a Kabanová», «La Valchiria» e nel festival estivo «Cavalleria rusticana».
Se il balletto è una gloriosa teoria di grandi classici (un trittico russo con «Schiaccianoci» e «Lago dei cigni» di Ciajkovskij e «Pulcinella» di Stravinskij, cui si aggiunge il «Sogno di una notte di mezza estate» di Mendelssohn), anche la sezione concertistica spicca per ricchezza e varietà: può definirsi clamorosa l’integrale delle nove sinfonie di Beethoven che Valcuha dirigerà in una sola giornata, il 22 giugno: «Avrà le “sue” orchestre, quella del San Carlo e quella della Rai di Torino, di cui è stato direttore musicale prima di venire da noi», spiega Pinamonti. «Fa parte del ciclo “Concerti d’imprese”, così chiamato perché realizzato grazie al sostegno di realtà imprenditoriali campane; è il frutto di un lungo lavoro fatto dalla soprintendenza e ci ha permesso di portare a Napoli stelle mondiali come Valery Gergiev con l’orchestra del Mariinskij e Cecilia Bartoli con Les Musiciens du Prince».
Il direttore artistico
Pinamonti: «Non solo la varietà, c’è la qualità di tanti artisti: tra i registi, Decker e Ozpetek con Butterfly»