Valcuha e la parola di Janácek «Due note per un’ossessione»
«S casovka». Per spiegare il cuore del teatro musicale di Janácek, Juraj Valcuha ricorre a questa parola: «È un termine ceco che non ha un equivalente nelle altre lingue: rappresenta una struttura ritmico-melodica di almeno due note». Una struttura che scorre lungo tutta l’opera e in cui per il direttore musicale del San Carlo trova «la particolarità della scrittura musicale propria solo di questo autore».
Il primo dei tre titoli lirici che Valcuha affronterà in questa stagione è la «Kat‘a Kabanová» del boemo. «Janácek si interessava alla melodia della lingua parlata, la sua era quasi un’ossessione: osservava il rapporto fra il significato delle parole e il loro suono, quando camminava per le strade aveva sempre un taccuino su cui scriveva frasi brevi o solo alcune parole che sentiva, e insieme annotava le loro melodie e i loro ritmi. Questo gli ha fatto pensare alla musica, e specialmente alla musica vocale, in un modo molto diverso rispetto ad altri».
Vocalità che «nei personaggi è legata alla psicologia e ai rapporti sociali fra loro; si adatta al carattere di ciascuno, alla natura del discorso o allo stato d’animo del momento. Però va sottolineato come anche la musica strumentale di Janácek sia strettamente
d Quando camminava aveva sempre un taccuino su cui scriveva frasi brevi o solo alcune parole che poi ascoltava
connessa al parlato»; si vede bene nella «Kat‘a Kabanová», dove «tutto è cementato dalla continuità del commento orchestrale, con la varietà dei ritmi, contro-canzoni, armonie e la scelta dei timbri strumentali». A Valcuha l’arduo compito di «rendere evidente la grande difficoltà tecnica della sua partitura». Dopo quest’opera, decisamente rara nei teatri italiani (e non solo), il quarantaduenne maestro slovacco affronterà uno dei titoli più rappresentati di Wagner, «Die Walküre»: «Il mio primo cimento col teatro wagneriano è avvenuto con “Parsifal”, fra qualche mese dirigerò “Tristano e Isotta”, ad aprile qui a Napoli arriverà la Valchiria: è un’opera di grande spessore sinfonico, molto sintetica; le scene sono una più bella dell’altra, ma se devo indicare un vertice assoluto potrei dire la parte finale di Wotan».
Dall’epica nordica dei Nibelunghi all’italia meridionale ritratta in note da Mascagni in quello che viene indicato come il titolo simbolo del verismo musicale italiano, «Cavalleria rusticana». «In realtà questi mondi non sono cosi diversi: Mascagni a Milano seguiva tutte le opere di Wagner, una settimana dopo la morte del musicista tedesco scrisse un’elegia in suo ricordo». Non ci si stupisce dunque della varietà: «Il teatro San Carlo ha una ricca tradizione del melodramma italiano, pero è sempre stato all’avanguardia e ha presentato tutte le novità del mondo musicale europeo nel corso del tempo, dai capolavori wagneriani al “Wozzeck” di Berg».
Passando agli impegni sinfonici, Valcuha è atteso dalla sesta sinfonia di Mahler, «un gigante del tardo romanticismo che nel 1889 diresse “Cavalleria rusticana” a Budapest. La sua Sesta sviluppa un percorso che stiamo compiendo con l’orchestra del San Carlo e che è partito dalla “Sinfonia delle Alpi” di Richard Strauss ed è proseguito con le “Danze sinfoniche” di Rachmaninov», che Valcuha ha appena diretto anche in America con la New York Philharmonic.
Ma il cimento più notevole sarà l’integrale delle nove sinfonie di Beethoven in una sola giornata: «Me l’ha proposto il direttore artistico Pinamonti, che anni fa l’aveva vista realizzare a Madrid; rientrerà negli eventi dell’universiade 2019. Io le ho fatte in due giorni, in piazza San Carlo a Torino con l’orchestra Rai», di cui il maestro era direttore musicale e che affiancherà quella del San Carlo: «Farà quattro sinfonie, due al mattino e due al pomeriggio; sono contento di incontrarla a Napoli, anche se a Torino continuo a dirigere due programmi a stagione».
Se le due orchestre si divideranno la fatica di suonare, l’impegno di dirigere sarà tutto suo: «Nessuna preparazione particolare: dirigere ogni settimana un programma diverso di grande sinfonismo tra Europa e Stati Uniti è già un buon allenamento».