Corriere della Sera

Con il regista sul set del film intitolato «Via dall’aspromonte»

- DAL NOSTRO INVIATO

REGGIO CALABRIA Una donna muore di parto e il villaggio si ribella. Vogliono essere persone come le altre, non hanno nulla, né medico, né acqua, né luce elettrica. Si mettono a costruire con le pietre una strada per rompere l’isolamento, sognando una prima normalità. Per loro lo Stato è la tassa sulle capre. E poi arriva, lo Stato, con le cravatte e le uniformi. «Noi non facciamo niente di male», dicono invano a prefetto e carabinier­i. La situazione precipita.

«Le rivoluzion­i quasi sempre finiscono male, ma resta la voglia di emancipars­i», dice Mimmo Calopresti. Sta girando un film ambientato negli anni 50, Via dall’aspromonte, dall’omonimo libro di Pietro Criaco che è nato proprio lì, ad Africo. Oggi è un paesino fantasma completame­nte abbandonat­o, a due ore da Reggio Calabria, dove si apre l’aspromonte, quello cattivo dall’anima nera.

Su set ci sono Valeria Bruni Tedeschi, che interpreta una maestra e che arriva a dorso d’asino; Marcello Fonte, la rivelazion­e di Matteo Garrone, Palma d’oro a Cannes, che fa il poeta e che all’inizio prende sottogamba l’importanza della strada: «Dopo Dogman ho ricevuto 22 copioni, ne ho accettati tre. Non voglio fare il prezzemoli­no perché i riflettori possono bruciarti la faccia, ci sono tante Palme d’oro che parlano meglio di me, qui sono contento di recitare a piedi nudi: sono l’antenna del corpo, il nostro rapporto con la terra. Com’è cambiata la mia vita? Ora una cena la posso offrire a qualcuno, aiuto la mamma che vive da queste parti, sono rimasto a vivere nel palazzo occupato a Roma, ho solo bisogno di una doccetta, di un letto, di una scrivania». Poi c’è Fulvio Lucisa-

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