Vernia, a «Tale e Quale» vincono le sue non-imitazioni
Se ti dicono che devi cantare come Claudio Baglioni, ballare come Mick Jagger ed essere brillante con Enzo Jannacci, è probabile che la cosa possa sembrare un po’ complessa.
Eppure l’impresa è riuscita a Giovanni Vernia, rivelazione di questa edizione di Tale e Quale Show (in onda il venerdì, su Rai1). Puntata dopo puntata, i personaggi dell’ex manager poi diventato comico sono stati tra i più indovinati, «credo perché in ognuno ho sempre aggiunto qualcosa di mio, un tocco ironico che proprio non potevo non mettere», spiega in un momento di pausa dalle prove. «Quando mi hanno proposto di partecipare mi sentivo fortemente inadeguato. In genere faccio delle parodie, accentuo i talloni d’achille dei personaggi. Le mie non sono mai imitazioni».
A convincerlo, è stata la possibilità di «cantare e ballare: mi piace moltissimo. La gente è rimasta stupita dal fatto che me la cavi abbastanza, ricevo commenti davvero belli». I migliori sono quelli di chi lo definisce uno «showman a 360 gradi, che è poi quello che faccio nel mio spettacolo a teatro (Vernia o non Vernia: questo è il problema, che il 4 dicembre sarà a Milano, al teatro Nazionale, poi in tutta Italia, ndr.). Tale e Quale sta mettendo in luce questa mia velleità».
Velleità che non gli dispiacerebbe portare anche in tv, in uno show tutto suo: «Abbiamo realizzato con la Ballandi la puntata pilota di un one man show di seconda serata... vedremo, sarebbe bello». Vincenzo Salemme, che è in giuria del programma di Conti, «mi ha detto che meriterei uno spazio mio in tv. Mi ha fatto molto piacere».
Ogni personaggio che ha interpretato aveva una sua difficoltà (al netto delle ore in sala trucco, «assolutamente snervanti»), ma la sfida più grande è stata «cantare come Baglioni e Mengoni». Tra i regali inattesi, invece, «la chiamata di Renzo Arbore il giorno dopo essermi trasformato in lui». Imita la sua voce, e dice: «“Hai fatto una magnifica interpretazione... di me”. Che meraviglia. Ho potuto salvare il suo numero sul mio cellulare: l’ho memorizzato come “Dio”. Ha detto che verrà a vedermi a teatro», spiega.
«Mi sono reso conto che non c’è solo la perfezione dell’imitazione ma, come era successo in passato con Fabrizio Frizzi e Amadeus, conta molto se ci metti un po’ di ironia». Ridendo e scherzando, è arrivato quasi alla fine. Eppure, giura, non gli importa vincere: «Quello che conta è che il giorno dopo ogni esibizione ci sia sempre qualcuno che mi dica: ma lo sai che ieri mi hai fatto proprio divertire?».