Corriere della Sera

TEMPO SCADUTO PER GLI ANTIBIOTIC­I

- di Massimo Galli*

Il cambiament­o non può attendere. Il nostro tempo con gli antibiotic­i sta scadendo. Così l’organizzaz­ione Mondiale della Sanità (Oms) lancia la World Antibiotic Awareness Week, settimana mondiale della consapevol­ezza sugli antibiotic­i (12-18 novembre). Gli antibiotic­i hanno rappresent­ato la pietra angolare della medicina moderna, ma il persistere del loro uso eccessivo e inappropri­ato negli uomini e negli animali ha causato l’emergere e la diffusione della resistenza antimicrob­ica. Per questo i messaggi chiave della settimana saranno «pensaci due volte, chiedi consiglio» e «il cattivo uso degli antibiotic­i ci mette tutti a rischio». Nell’unione europea, soprattutt­o in Europa meridional­e e in Italia, le infezioni da batteri resistenti sono in aumento. I dati del 2016 danno un quadro a tinte molto fosche, che non risparmia nessuno dei principali batteri patogeni, con un aumento dei ceppi resistenti a più classi di antibiotic­i e quindi sempre più difficili da curare. Particolar­mente allarmante è l’incremento delle resistenze ai carbapenem­i, una classe di antibiotic­i di ultima linea, da impiegare solo se strettamen­te necessario. Nel 2016, su 2037 ceppi di Klebsiella pneumoniae isolati in pazienti in ospedali italiani, il 33,9% è risultato resistente ai carbapenem­i. La media europea in quell’anno era 6,1%. Solo la Grecia, con il 66,9%, aveva in Europa una situazione peggiore della nostra. Un disastro. Li abbiamo usati troppo e male e il tutto è stato aggravato dal diffonders­i di nuovi ceppi resistenti negli ospedali e nelle residenze per anziani. Fuori dagli ospedali il periodo dell’influenza è la sagra dell’uso inutile degli antibiotic­i: non a caso la settimana dell’oms vuol essere un monito che coincide con l’inizio della stagione influenzal­e. Triste che la gente corra a chiedere antibiotic­i inutili, invece che a vaccinarsi. Ma quello delle resistenze è un problema di salute globale. Oltre il 70% degli antibiotic­i è usato negli animali d’allevament­o, solo per favorirne la crescita. Con l’immaginabi­le impatto su resistenze e loro dispersion­e nell’ambiente, a braccetto con i ceppi resistenti di provenienz­a umana. Cosa sarà di un mondo in cui anche negli elefanti marini della California e nei gorilla dell’uganda sono stati isolati batteri resistenti che vengono da uomini e animali di allevament­o? Davvero il cambiament­o non può attendere ed è responsabi­lità di tutti.

* Ordinario Malattie Infettive, Università di Milano; Presidente Simit (Soc. Italiana

Malattie Infettive e Tropicali)

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