I dubbi dell’istat sulla crescita del Pil «Serve un’accelerata negli ultimi 3 mesi»
Obiettivi 2018, occorre un rialzo dello 0,4%. L’ufficio parlamentare di bilancio: deficit verso il 2,6%
ROMA Una manovra economica soggetta a «rischi e incertezze», che «peggiora il disavanzo pubblico per il biennio 2019-2020», con una previsione di crescita «ambiziosa» (+1,5%), e per il 2019 «emergono ulteriori rischi al ribasso». Ancora. Nel terzo trimestre 2018, la crescita è stata «nulla»: -0,2% a settembre la produzione industriale, e per il futuro «si registra un’ulteriore flessione che prelude alla persistenza di una fase di debolezza del ciclo economico». Inoltre, per arrivare a crescere dell’1,2% nel 2018, come previsto dal governo, «sarebbe necessaria una variazione dello 0,4% negli ultimi tre mesi».
Previsioni e stime, ma soprattutto dubbi e avvertimenti. La manovra economica preoccupa. Nell’audizione di ieri alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, Ufficio parlamentare di Bilancio e Istituto di Statistica hanno lanciato l’allarme sulla crescita e sulla tenuta dei conti pubblici.
L’upb non ha solo confermato il giudizio negativo dato oltre un mese fa al documento programmatico del governo Lega-cinque Stelle (la Nadef), lo ha anche rivisto al ribasso prevedendo «un indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche al 2,6% del Pil», lontano quindi da quel 2,4% previsto dalla legge di Bilancio. Non solo. «Il rallentamento congiunturale si è ulteriormente accentuato — dice il presidente dell’upb Giuseppe Tesauro — e la crescita del 2019 risulterebbe pari allo 0,1%, rendendo l’obiettivo dell’1,5% ancora più ambizioso di quanto già rilevato».
L’istat, con il suo presidente Maurizio Franzini, sottolinea «il primo tasso nullo di crescita del Pil dopo quattordici trimestri». E avverte: «Un mutato scenario economico potrebbe influire sui saldi di finanza pubblica in modo marginale per il 2018, ma in misura più tangibile per gli anni successivi». E se la riduzione delle tasse per le imprese beneficerebbe solo il 7% delle aziende, il reddito di cittadinanza, secondo le simulazioni fatte dall’istituto di statistica, registrerebbe un aumento del Pil solo dello 0,2%. E proprio con il reddito potrebbe esserci «un problema di equità», sottolinea l’istat, perché va tenuto conto anche delle «condizioni di godimento dell’abitazione».
In Italia, quattro famiglie su dieci sotto la soglia di povertà (40,7%) vivono in una casa di proprietà; il 15,6% in abitazioni in usufrutto gratuito; il 43,7% è invece in affitto: «Bisogna tenerne conto». Ci sono poi anche quattro milioni di persone che rinunciano a curarsi per motivi economici.
Povertà, casa e sanità
Quattro poveri su 10 hanno la casa (e il 15% vive in abitazioni in usufrutto gratuito), ma 4 milioni rinunciano a curarsi