Corriere della Sera

La guerra, i racconti Ricordando Cutuli

L’autore sui regimi, l’islam, l’amore

- di Stefano Montefiori

PARIGI «Nonostante la fatwa resto in Algeria, il mio Paese. Per una ragione esistenzia­le e sentimenta­le, innanzitut­to: il mio Paese per me non è un inno o una bandiera ma le persone che amo, il mio quartiere, i miei amici, il mio caffè. Poi c’è anche la politica, e allora perché devo essere io a scappare? Normalment­e nei romanzi poliziesch­i è il colpevole a fuggire, e io sono sicuro di essere innocente». Kamel Daoud, grande scrittore e giornalist­a, autore de «Il caso Meursault» (Bompiani) finalista al Goncourt, minacciato dagli islamisti ma ancora abitante di Orano, in Algeria, domenica 18 novembre verrà a Milano a ritirare il premio intitolato a Maria Grazia Cutuli, l’inviata del Corriere della Sera uccisa in Afghanista­n il 19 novembre 2001.

Maria Grazia Cutuli ha testimonia­to il suo impegno andando a raccontare la guerra in Afghanista­n. Lei, Kamel Daoud, sente che la battaglia si combatte nella sua città, Orano, in Algeria.

«Nella mia scelta contano molto le ragioni personali, e anche l’idea che è proprio grazie alle avversità nel Maghreb che posso scrivere. Ho bisogno di amici come voi del Corriere ma anche di nemici, la battaglia nutre la mia scrittura».

La fatwa contro di lei è stata lanciata da un imam algerino nel 2014. Da allora le cose sono cambiate?

«Non in meglio. Nel complesso, Gli altri appuntamen­ti l’algeria è schiacciat­a tra gli islamisti e i politici che non sono in grado di fare le riforme necessarie. Il regime non vuole alcun cambiament­o, il presidente Bouteflika non è in grado di esercitare le sue funzioni ma l’entourage lo obbliga a restare al potere, e ci sono giornalist­i e blogger in prigione da mesi. Quanto a me, ho cambiato il mio modo di vivere, direi che sono più prudente».

Da pochi giorni in Francia è uscito il suo libro «Le peintre dévorant la femme» (Stock): su invito dell’editrice Alina Gurdiel lei ha passato una notte al museo Picasso, e racconta quell’esperienza riflettend­o sul pittore e su un immaginari­o terrorista Abdellah, sconvolto dai nudi nei dipinti.

«Quella notte al museo, davanti ai quadri della mostra “Picasso 1932, année érotique”, mi ha fatto venire alcune idee. La prima è che la pittura dell’occidente è una pittura del nudo. Ma Picasso non dipinge un nudo a distanza, ma Sul campo Maria Grazia Cutuli, nata il 26 ottobre 1962 a Catania, fu uccisa in Afghanista­n il 19 novembre del 2001 come se stesse facendo l’amore, né prima né dopo ma durante. Non è una natura morta, è una natura viva».

Perché usa la parola «divorare»?

«Perché è una metafora universale. Non c’è desiderio erotico senza desiderio di mangiare l’altro, il bacio ne è un esempio»,

E Abdellah è indignato.

«Il terrorista nega il desiderio per rinviarlo al futuro, nel paradiso con le vergini. L’incontro amoroso è fonte di angoscia: di perdere l’essere amato, di essere divorati dalla passione, l’angoscia di non essere desiderati perché si espone il proprio corpo e si vuole il corpo dell’altro... Il nudo è lo specchio dei nostri segreti intimi. I tre monoteismi, e ancora di più oggi l’islamismo, hanno un rapporto conflittua­le con il corpo».

Questo ci porta al ruolo del sesso nel mondo arabo-musulmano oggi. È centrale nello spiegare le difficoltà?

«Certamente. Quando l’ho scritto a proposito dei fatti di Colonia, indicando nella miseria sessuale una delle ragioni della crisi nel Maghreb e del disadattam­ento degli immigrati in Occidente, sono stato attaccato. Lo capisco perché ho messo il dito sul problema fondamenta­le. Non sono io che parlo sempre di sessualità, sono i predicator­i religiosi che la evocano di continuo, per condannarl­a. Sono loro a essere ossessiona­ti. E basta guardare ai soprusi fatti alle donne nelle nostre società per realizzare che è il problema fondamenta­le. A chi vive in Occidente e mi critica dico: provate a trasferirv­i in Algeria, poi mi direte».

Che cosa pensa degli sforzi di Macron per riconoscer­e le colpe francesi in Algeria?

«Ammiro questa libertà, ma io devo pormi un’altra domanda. A che cosa mi serve? Non rischia di prolungare il dibattito all’infinito? È quel che spera il regime perché il giorno che la questione della guerra sarà chiusa bisognerà parlare di scuole, tasse, diritti. I populisti sono ossessiona­ti dal passato, gli islamisti dal futuro. Sono alibi per sfuggire al presente».

@Stef_montefiori

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 ??  ?? Il vincitore ● Il giornalist­a e scrittore algerino Kamel Daoud, 48 anni, diventato famoso con «Il caso Meursault» (Bompiani), riceverà domenica mattina alle 12 in sala Buzzati il premio Cutuli 2018. Seguirà un dialogo con lo scrittore Edoardo Albinati. Coordina Alessandra Coppola (prenotazio­ni sul sito
Il vincitore ● Il giornalist­a e scrittore algerino Kamel Daoud, 48 anni, diventato famoso con «Il caso Meursault» (Bompiani), riceverà domenica mattina alle 12 in sala Buzzati il premio Cutuli 2018. Seguirà un dialogo con lo scrittore Edoardo Albinati. Coordina Alessandra Coppola (prenotazio­ni sul sito
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