Da Valli a Nugnes I 15 «irrequieti» spina del Movimento a Palazzo Madama
Allontanarli potrebbe minare la maggioranza
ROMA La testuggine, diceva Luigi Di Maio qualche giorno fa. L’idea, romantica, era quella di un esercito che si stringeva come un sol uomo e faceva fronte alle avversità e ai dardi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, per dirla con Amleto. Ma la realtà è più prosaica e così il Movimento, per la prima volta in questa legislatura, vede emergere un dissenso sempre più forte al suo interno. Epicentro del terremoto, il Senato. Dove, pallottoliere alla mano, irrequieti e malpancisti arrivano alla non indifferente soglia di 15 senatori.
Non tutti, naturalmente, sono dissidenti. Si tratta di parlamentari che, per ragioni diverse, sono entrati in conflitto con l’orientamento del Movimento. Niente di grave, se si trattasse di un altro partito. Ma tra i 5 Stelle la disciplina di voto è ferrea e ogni sgarro rischia di portarti di fronte al collegio dei probiviri. Ovvero a tre esponenti dei 5 Stelle che decideranno della loro sorte: sono il ministro Riccardo Fraccaro, la senatrice Nunzia Catalfo e Jacopo Berti, consigliere regionale veneto. Le armi a loro disposizione sono tre: il richiamo, la sospensione e l’espulsione. Grande è il margine di discrezionalità e fondamentale per il Movimento è valutare le conseguenze politiche: le espulsioni diminuirebbero il già ridotto margine di vantaggio della maggioranza al Senato. Il capogruppo M5S Stefano Patuanelli spiega: «Prendiamo atto che c’è chi non si riconosce più nel nostro progetto». De Falco deve scendere dalla nave? «Vediamo se scende da solo o viene fatto scendere». La seconda, probabilmente. Ma
se De Falco va verso l’espulsione, Paola Nugnes potrebbe essere sospesa. Nell’espulsione c’è una conseguenza importante, che spiega Patuanelli: «Nello statuto del gruppo e nelle condizioni di candidatura è previsto che chi viene espulso o abbandona debba pagare una penale da 100 mila euro per danno di immagine al Movimento». Clausola che in molti ritengono incostituzionale e che in passato non è mai stata applicata.
Ma chi sono gli irrequieti M5S? Sei sono stati deferiti ai probiviri in un giorno solo, il 6 novembre. Cinque di loro sono rei di non aver votato a favore del decreto sicurezza: Gregorio De Falco, Paola Nugnes, Elena Fattori, Matteo Mantero e Virginia La Mura. Il sesto è un caso particolare: l’eurodeputato Marco Valli, che avrebbe millantato una laurea, forse ignaro della volontà M5S di togliere valore legale al titolo.
A questi cinque, si aggiunge un drappello che ha cavalcato una protesta parallela nel decreto Genova, portata avanti da Saverio De Bonis. Senatore già segnalato ai probiviri a settembre perché condannato dalla Corte dei Conti a pagare 2.800 euro alla Regione Basilicata. Non pago, De Bonis, in qualità di presidente di Grano Salus, ha deciso di guidare la battaglia contro l’articolo 41 sullo sversamento dei fanghi da depurazione (che tollera diossina e altri inquinanti). Dietro di lui hanno firmato emendamenti in questa direzione Lello Ciampolillo, Gisella Naturale, Fabrizio Trentacoste, Gianni Marilotti, Bianca Laura Granato, Sabrina Ricciardi, Sergio Romagnoli, Donatella Agostinelli e Luisa Angrisani. Ma tra minacce di provvedimenti e ripensamenti, in molti hanno ritirato la firma in extremis, per evitare guai. Alla fine sono rimasti soltanto in quattro samurai a lottare fino in fondo: De Bonis, Fattori, De Falco e Ciampolillo. A complicare il quadro, sul condono di Ischia ieri non hanno partecipato al voto sette senatori M5S. Ma anche qui va fatta una distinzione, perché quattro non erano presenti per malattia o per altre motivazioni.
Comunque sia, l’arco dei malumori si è allargato a dismisura. E i motivi non mancano. Non è una dissidenza organizzata, né tantomeno figlia di un’affiliazione allo storico rivale di Luigi Di Maio, Roberto Fico. È una dissidenza naturale, che trova innaturale molti aspetti dell’alleanza con la Lega e che sopporta fin quando è possibile la ragione di Stato e i compromessi necessari. Che la misura sia colma, per molti, lo spiega Luigi Gallo: «Forza Italia ferma i condoni, M5S li difende e punisce chi si oppone. Questo è un film di fantascienza».
La penale da pagare
«Chi esce dal gruppo paga 100 mila euro» Ma la norma non è mai stata applicata