Caso Desirée, il gip insiste sull’omicidio
questione di indice, capito?».
Meglio usare il mouse del computer per muovere i soldi, insomma, che il grilletto di una pistola per sparare. Si guadagna di più e si rischia di meno, senza fare rumore né attirare l’attenzione degli investigatori. E così avviene con la gestione delle scommesse online, quelle legali e illegali insieme, amministrate attraverso piattaforme parallele nei punti vendita disseminati sul territorio controllato dalle diverse famiglie mafiose: la Sacra corona in Puglia, la mafia in Sicilia, la ‘ndrangheta in Calabria. Un metodo collaudato che garantisce entrate milionarie grazie ai soldi degli scommettitori (quasi sempre denaro contante, e dunque utile al riciclaggio), entrate clandestine e l’evasione delle somme dovute allo Stato per quelle legali. Cifre astronomiche che hanno portato al sequestro di beni per oltre un miliardo di euro (723 milioni soltanto in Calabria) nella maxi operazione condotta dalle Procure di Bari, Catania e Reggio Calabria, coordinate dalla Direzione nazionale antimafia, che ha portato all’arresto di 68 persone con accuse che spaziano dall’associazione mafiosa al trasferimento fraudolento di valori, passando per riciclaggio, autoriciclaggio, illecita raccolta di scommesse online, fraudolenta sottrazione ai prelievi fiscali e altri reati.
«Gli indagati sono soggetti dediti da tempo allo spaccio e al consumo di droghe, ragione per cui sono consapevoli degli effetti che tali sostanze possono produrre su un giovane assuntore (...). L’evento morte non è fatto improvviso ma diretta conseguenza della loro condotta commissiva ed omissiva». Così scrive il gip Tomaselli nel rimotivare l’arresto di Yusif Salia, accusato con altri tre stranieri della morte di Desirée Mariottini, dopo che il giudice omologo di Foggia, dove il ghanese fu fermato, aveva escluso l’omicidio volontario. Sentito ieri su rogatoria, Salia ha negato: «Non avevo droghe con me, non conosco gli altri indagati e con la ragazza, che credevo maggiorenne, ho avuto un rapporto consensuale. Non c’ero quando è morta». Il passaggio rimarcato dal gip è importante perché sostiene l’ipotesi di omicidio rilanciata ieri dai pm anche al tribunale del Riesame che, dopo aver escluso il reato per Brian Minteh e Chima Alinno, discuteva ieri la posizione di Mamadou Gara: la decisione è attesa a giorni. Gara e Salia, per l’accusa, hanno le maggiori responsabilità perché a loro viene contestata «la cessione alla minore del mix letale». Sentito anche Marco Mancini, il 37enne che avrebbe fornito gli psicofarmaci: «Li avevo per uso personale, non li ho ceduti alla ragazza», ha detto con l’avvocato Gabriele Galeazzi. Versione riconosciuta dal gip che ha convalidato il fermo per spaccio, senza l’aggravante della vendita a minorenne.