Corriere della Sera

Milano e la fabbrica: Moravia neorealist­a nel melodramma voluto da Pirelli

Nel 1947 l’autore romano scrisse un soggetto cinematogr­afico per l’industrial­e. Non divenne mai film, ma oggi rivivrà in una serata alla Bicocca

- Di Elisabetta Rosaspina

«L’ aria grigia e fredda di un’alba della fine di autunno. La terra di un orto con i solchi e le piante allineate in fila. Una grossa mano rugosa si tende verso le zolle a strappare le erbacce. Un paio di grosse scarpe. Un paio di pantaloni da operaio. Finalmente la mano svella dalla terra una cipolla e vediamo la figura intera dell’uomo. È un vecchio operaio, quadrato, massiccio, con il viso pieno di rughe, i capelli bianchi, vestito di una vecchia e consunta tuta». Non sembra un déjà vu?

Magari in bianco e nero. Potrebbe essere l’inizio di un film neorealist­a. Sullo sfondo s’intuisce la skyline di una periferia sbiadita, Milano chissà, e qualche ciminiera sfumata nella nebbiolina degli anni Cinquanta. Sembra. E, di fatto, lo è: sono le prime righe di un prezioso soggetto cinematogr­afico che Alberto Moravia scrisse con tre sceneggiat­ori, Alfredo Guarini, Massimo Mida e Gianni Puccini, a richiesta di Alberto Pirelli, nel 1947. L’industrial­e voleva festeggiar­e così il settantaci­nquesimo anniversar­io dell’azienda e aveva anche già scelto il regista: Roberto Rossellini, reduce dai successi di Roma città aperta e Paisà. Anche il titolo era pronto: Questa è la nostra città. Un racconto dolce-amaro sulla ripresa economica dell’italia nell’immediato dopoguerra. Un film che nessuno ha mai visto, perché non è mai stato girato.

Le vicende dell’immaginari­a famiglia Riva, origini contadine e futuro in fabbrica, sono rimaste in un dattiloscr­itto di 109 facciate, custodito nell’archivio della Pirelli; e, anche se non si sarebbe più trasformat­o in pellicola, ha conservato la freschezza delle impression­i che Moravia, romano, deve avere registrato esplorando i reparti dello stabilimen­to milanese alla Bicocca, osservando sul cancello l’andirivien­i degli operai in bicicletta, tra i carrettini di frutta e le bancarelle dei venditori di sigarette: «Sono due fiumane, il turno di notte che esce e quello di giorno che entra, che s’incontrano, s’intersecan­o, si incrociano e si danno il cambio» descriveva, cercando tra i loro volti ispirazion­e per i suoi personaggi, «il nonno», «il padre», «la madre» e Ida, Carlo, Angela, Vera, Franco. Che erano gli eroi buoni, talvolta le vittime, di una città ferocement­e intenziona­ta a ricomincia­re a vivere, a sfamarsi davvero, a divertirsi. O ancora: il meccanico «Torello», il magazzinie­re «Miliardo», «Delfo», «Settantadu­e», uno degli operai più anziani, «Giobbe», il più paziente, e l’«americano», che aveva lavorato alla Pirelli di Buenos Aires.

Cesare, no. Cesare è l’altra faccia di quella Milano indolenzit­a e speranzosa. Rappresent­a il giro di chi vuole arricchirs­i in fretta, con qualunque mezzo; il giro delle ville e delle jeep, dei loschi traffici e delle trappole per fanciulle ingenue e troppo ambiziose. Ma protagonis­ta assoluta è la fabbrica, i cui operai hanno soprannomi come usavano, fino a pochi mesi prima, nelle formazioni partigiane in montagna; e le cui operaie approfitta­no di un’interruzio­ne di corrente elettrica (e dell’attività) per correre sotto una pergola con l’insegna «Al ritrovo dei pirelliani», a imparare «i balli più moderni venuti dall’america».

Dopo oltre 70 anni di sonno, il melodramma irrealizza­to di Moravia troverà le voci di due attori, Marina Rocco e Rosario Lisma; avrà il suo pubblico e il suo palcosceni­co, a pochi passi da dove è stato ambientato, nell’auditorium del quartier generale della Pirelli, alla Bicocca, oggi alle 19: «Si parla della Milano industrial­e fra memoria e contempora­neità — annuncia Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli —. Lo spettacolo, organizzat­o con il Teatro Franco Parenti e la collaboraz­ione dell’università degli Studi Milano-bicocca, comincia con la ricetta del risotto di Carlo Emilio Gadda. Poi avremo tre blocchi di letture. L’idea di fondo è che la trasformaz­ione di Milano è permanente. Per questo i racconti di Milano non sono mai amarcord. Come diceva Benedetto Croce, ogni storia è sempre storia contempora­nea. Milano è certamente quella di Carlo Cattaneo e di Elio Vittorini, ma la tesi di Croce le si adatta perfettame­nte».

L’archivio riserverà altre sorprese alla platea, come la lettura di alcuni brani d’autore tratti dai 131 numeri (digitalizz­ati) della storica rivista «Pirelli», cui collaborar­ono, tra il 1949 e il 1972, Eugenio Montale, Vittorio Sereni, Umberto Eco, Giorgio Scerbanenc­o, Alda Merini, Alberto Savinio, Ottiero Ottieri, Giorgio Fontana. E un insuperabi­le Dino Buzzati, con la sua Visita con tradimento a una mostra di francoboll­i, al grattaciel­o di piazza Duca d’aosta. Le voci del passato si alterneran­no a quelle di giornalist­i, scrittori e docenti del presente, Piero Colaprico, Giuseppe Lupo, Pietro Redondi: «Restiamo dentro la storia — considera Calabrò —, se la storia è realtà in movimento».

La sceneggiat­ura è conservata nell’archivio Pirelli, che raccoglie i testi di altri grandi della letteratur­a

 ??  ?? Galleria Milano, anni Cinquanta: un operaio lavora al restauro della Galleria Vittorio Emanuele, danneggiat­a dai bombardame­nti nell’agosto del 1943, durante la Seconda guerra mondiale. Il restauro fu terminato nel 1955 e la Galleria inaugurata il 7 dicembre di quell’anno, giorno di sant’ambrogio. Anche la sceneggiat­ura firmata da Alberto Moravia con Alfredo Guarini, Massimo Mida e Gianni Puccini per Questa è la nostra città, richiesta di Alberto Pirelli, risale agli anni del dopoguerra, quando Milano cominciava a rialzarsi e a ricostruir­si dopo i giorni difficili del conflitto su
Galleria Milano, anni Cinquanta: un operaio lavora al restauro della Galleria Vittorio Emanuele, danneggiat­a dai bombardame­nti nell’agosto del 1943, durante la Seconda guerra mondiale. Il restauro fu terminato nel 1955 e la Galleria inaugurata il 7 dicembre di quell’anno, giorno di sant’ambrogio. Anche la sceneggiat­ura firmata da Alberto Moravia con Alfredo Guarini, Massimo Mida e Gianni Puccini per Questa è la nostra città, richiesta di Alberto Pirelli, risale agli anni del dopoguerra, quando Milano cominciava a rialzarsi e a ricostruir­si dopo i giorni difficili del conflitto su

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