La nuova sfida di Katia alla violenza «L’ho promesso a mio figlio ucciso»
Crotone, riapre il centro in aiuto delle donne dove Giuseppe fu assassinato a 18 anni
fiato. Ma non ho mai smesso, anche stando a casa, di dare una mano a chi la chiedeva. Aspettavo soltanto di riavere le forze e una nuova sede per riaprire altrove. Mi era stata promessa, ma purtroppo le cose sono andate Insieme Giuseppe Parretta, 18 anni, con la madre Katia (Caterina) Villirillo così...». «Così» vuol dire che non è arrivato niente di quello che era stato annunciato a parole.
La nuova sede, soprattutto: le avevano detto che sì, certo, era giusto, gliel’avrebbero trovata nel nome di Giuseppe e della sua sofferenza di madre. Gliel’avrebbero trovata anche per non farla stare a due passi dalla famiglia dell’assassino.
«Avevano promesso tante cose» ricorda lei con amarezza dalla sede di sempre che proprio in questi giorni sta risistemando «perché — dice — ho deciso che non è più tempo di aspettare. Riapro dov’ero e lo faccio per il 25 novembre, voglio che la giornata internazionale contro la violenza sulle donne sia simbolica anche per questo posto in cima al nulla».
Accanto a lei, con secchi, ramazze e pittura, si muovono i volontari che l’hanno sempre aiutata. Si riparte: con la fotografia di Giuseppe davanti alla porta, con colori nuovi sui muri, vecchi problemi all’orizzonte e nella mente un elenco di buone intenzioni mai diventate realtà.
La determinazione «Tutti parlavano di aiuti, ma niente. Io mi rimetto in piedi da sola, torno in trincea»
«Soprattutto il Comune — spiega Katia —. Ma anche la provincia, le forze dell’ordine, la Regione. Avevo sentito la solidarietà del Paese intero attorno a me dopo la morte di Giuseppe. Ci avevo creduto. Avevano promesso un luogo diverso da questo, un numero verde, le telecamere di sicurezza qui attorno, il passaggio frequente di un’auto dei carabinieri... E invece... Perfino il pagamento del funerale di Giuseppe: nemmeno quello sono riusciti a onorare dopo averlo annunciato. È passato un anno e sono sola come lo ero quel giorno mentre Giuseppe moriva».
Katia sospira. E riattacca. «Ho chiesto, ho scritto, ho atteso risposte, ne ho lette e avute alcune desolanti. E allora sapete che vi dico? Io mi rimetto in piedi da sola. Non ho bisogno di te, Stato. Tieniti le tue promesse, io torno nella mia trincea. Quando era ancora caldo di vita avevo giurato a Giuseppe che non mi sarei mai arresa e io le promesse le mantengo».