Corriere della Sera

I «rurali» contro i parigini

- di Andrea Nicastro

Dietro la protesta in Francia c’è anche la rabbia dei «rurali» contro i parigini con il metrò sotto casa. E così anche l’ecologia è diventata un bersaglio per i populisti.

La frattura tra chi cavalca tecnologia e globalizza­zione e chi ne è stato disarciona­to sta investendo anche l’ambiente. Ormai uragani, inondazion­i e siccità non sono più fenomeni naturali da gestire secondo capacità, ma, come l’economia, sono politica: credere al cambio climatico è da snob privilegia­ti, ignorarlo è da rozzi populisti. Aveva fiutato l’aria per primo Donald Trump. Per lui l’effetto serra è un’invenzione ed il carbone è «sempliceme­nte fantastico» per conservare in America la produzione industrial­e. Macché riscaldame­nto globale, meglio scegliere quel che conviene qui e subito. I laureati di New York e San Francisco hanno giudicato Trump un troglodita, ma altri americani l’hanno eletto col risultato che venerdì un ex lobbista del carbone è stato messo alla guida dell’agenzia federale per l’ambiente. Non ha capito il cambio o non vuole considerar­lo, Emmanuel Macron che ieri si è trovato la protesta dei «giubbotti gialli» a paralizzar­gli la Francia. Contestano l’abolizione degli incentivi per le auto diesel. Macron pensa di spingere industria e consumator­i verso l’auto elettrica, ma Stefano Montefiori, su queste pagine, ha

Dagli Usa alla Spagna Trump ha fiutato l’aria per primo Sánchez, viceversa, si trova contro i lavoratori che non vogliono incentivi alle auto elettriche

spiegato come dentro i blocchi stradali ci sia la rabbia dei «rurali» contro i parigini con il metrò sotto casa. In Spagna l’ultimo campione della sinistra continenta­le, Pedro Sánchez, sembra perseguire una strategia più elaborata. Si era già presentato come femminista e solidale, ora cala l’asso dell’ecologia. Il suo disegno di legge di riconversi­one energetica supera gli obbiettivi Ue. Entro 22 anni, in Spagna, si potranno vendere solo auto elettriche. Come Macron, anche Sánchez si trova contro i lavoratori tradiziona­li. I metalmecca­nici si immaginano licenziati a favore di giapponesi, coreani e california­ni che sui motori elettrici ed ibridi sono avanti anni luce. Il sisma economico-sociale tra vincitori e vinti della modernità si era attivato due anni fa con la Brexit: la provincia per l’isolamento, la cosmopolit­a Londra per l’unione. Da allora in tutto il mondo sviluppato sono emerse divisioni simili. La cancellier­a Merkel è stata azzoppata dalla decisione di accogliere la forza lavoro dei profughi; i ceti più «occidental­izzati» dell’europa orientale sono stati sottomessi dall’«illiberali­tà» delle campagne; ora ecologia contro lavoro, sempre futuro contro passato. Invece di blandire le paure, Sánchez tenta di chiamare a soccorso della modernità i giovani. Quando da metà 2019 la Spagna potrebbe tornare alle urne, ci saranno 1,3 milioni di neo-elettori che oggi sosterrebb­ero liste «populiste» di destra o sinistra. Sánchez vuole i loro voti. Con diritti civili, ricerca hi-tech e, appunto, lotta all’effetto serra, Sanchez spera di allontanar­li dall’arroccamen­to nel carbone, nel diesel, nei confini. Ha iniziato una scalata alla montagna di disoccupaz­ione e precariato, ma almeno prova a proporre un’idea di futuro. E in Italia? Tra inondazion­i e crolli, si discute ancora a favore o contro gli incenerito­ri, come negli anni 80. Da noi non sono fermi solo il Pil, le grandi opere e le riforme, ma anche i temi del dibattito.

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