Tav, il Quirinale non si schiera
Alle «madamine» Sì Tav: non posso ricevervi, bene lo spirito civico
«Apprezzo lo spirito civico, ma il ruolo mi impone di non schierarmi». Così il presidente Mattarella alle «madamin» Sì Tav di Torino che hanno riempito la piazza per contestare il no della sindaca Appendino. A una settimana dalla manifestazione, Mattarella ha scritto una lettera in cui spiega la necessità di astenersi. L’incontro non ci sarà. Uno scrupolo per non rinunciare a quel ruolo di «arbitro» che Mattarella terrà anche davanti alla finanziaria, ben lontano da pericolose crisi disgregatrici.
Sono in molti a descrivere Sergio Mattarella come un monaco buddista, in grado d’imporsi una calma zen. Quell’imperturbabilità sarebbe però una virtù quasi sovrumana, nell’italia ad alta tensione di oggi. In particolare per chi sta al vertice dello Stato. Ovvio, insomma, che il clima ansiogeno creato dalla politica stia contagiando anche lui, per quanto non lo dimostri. A preoccuparlo ci sono parecchi fronti aperti. Tre su tutti: 1) l’incontrollata corsa dello spread, con costi in continua crescita per l’economia nazionale; 2) i toni per nulla concilianti della sfida alle regole lanciata dal nostro governo, tali da rendere arduo un negoziato con Bruxelles; 3) il rischio che l’ue adotti, per ritorsione, provvedimenti punitivi contro di noi.
Unica novità di segno diverso in questo scenario, il mutato atteggiamento di un esponente di peso del governo, Paolo Savona. Influenzato anch’egli dal mood di incertezza che angustia tutti, ha certificato in Consiglio dei ministri che «la situazione è grave», spiegandosi così: «Sì, non mi aspettavo che le cose andassero in questo modo». Un’ammissione che ha colpito il presidente, sempre attento a misurare le parole altrui come le proprie. Lo si è visto ieri nella lettera che ha indirizzato alle sette «madamine» promotrici della manifestazione «Sì Torino va avanti», per declinare la loro richiesta di un incontro sul Colle.
«Apprezzo lo spirito civico che ha animato la vostra iniziativa». Tuttavia, ha aggiunto, poiché quella dell’alta velocità Torino-lione è «una scelta politica di particolare importanza anche sul piano internazionale», sente «il dovere di accantonare le convinzioni personali e di astenersi da qualunque comportamento che possa apparire come inserimento in decisioni che non competono a lui ma a governo e Parlamento».
Lo stesso scrupolo di tenersi al ruolo da «arbitro» che Mattarella ha rivendicato quando è salito al Quirinale. Vanno pertanto derubricati al rango di ragionamenti accademici fuori dalla realtà (anche se ancorati a caposaldi costituzionali e trattati Ue) certi retroscena dei giorni scorsi, in cui si sosteneva che non era affatto scontato il suo via libera alla manovra. L’annuncio di una mossa del genere era destabilizzante in sé, perché aveva il sapore di una minaccia al governo, se non di un commissariamento della Costituzione, come l’ha subito inteso qualcuno.
In realtà il capo dello Stato quell’ipotesi non l’ha mai ventilata. Del resto, oltre a sapere che nella storia repubblicana non c’è un solo precedente cui riferirsi per analogia, sa anche che le conseguenze di una bocciatura della Finanziaria potrebbero essere gravissime. Infatti, sarebbero destabilizzati gli assetti politici, si spalancherebbero le porte all’esercizio provvisorio di bilancio e la speculazione dei mercati si scatenerebbero. Neppure, Salvini, a volte malpensante verso il Quirinale, ci crede: «Ma figurarsi, ci mancherebbe altro. È l’europa che viola i suoi accordi con l’italia, non il contrario».
Una replica indiretta comunque è piovuta ieri, dal Colle, tra le righe di un messaggio presidenziale alle piccole e medie imprese. «Questo contesto richiede particolare attenzione per garantire un quadro stabile e un clima di fiducia, che favorisca lo sviluppo per una crescita equilibrata e sostenibile, per colmare i divari e offrire opportunità ai giovani». Occorre tradurlo in chiaro? Significa nessuna spinta disgregatrice e nessuna crisi fino al varo della manovra (magari un po’ corretta). Manovra che sarà per forza firmata, alla fine, anche se queste cose appartengono alla sfera dell’indicibile. Perché un governo come questo, sapendo in anticipo della promulgazione, potrebbe estremizzare nichilisticamente la sfida all’ue per portarsi, e portarci, chissà dove.