Corriere della Sera

ITALIANI

- (foto Ansa)

perché la sua vita è una teoria di eventi non del tutto chiariti, a partire dall’accusa a suo padre di aver pianificat­o un golpe con l’allora comandante dell’arma dei Carabinier­i Giovanni De Lorenzo, fino a Tangentopo­li, quando lei sembrava il padrone della nuova Italia e, alla fine, Berlusconi si mangiò tutto. Dissero: «Segni ha vinto alla lotteria e ha perso il biglietto».

«Partiamo dalla cosa più importante: i referendum elettorali. Una vittoria straordina­ria, altro che biglietto perso. Liquidammo un sistema moribondo, instabile, inefficien­te. Per quindici anni, con governi scelti direttamen­te dai cittadini e l’alternanza tra Berlusconi e Prodi, l’italia andò bene. Certo, mi attirai l’odio di tanti. Qualche anno prima Craxi mi aveva detto: “Che fretta hai? Lasciami consolidar­e la supremazia del Psi sul Pci, poi vai avanti con la tua idea della repubblica presidenzi­ale”. Ma i comunisti tornarono a salire, i socialisti a scendere e Pannella fondò la Lega per l’uninominal­e. Mandai una lettera a Craxi in cui proponevo l’elezione diretta dei sindaci, la prima delle riforme. La lesse in direzione e qualcuno mi sostenne. Matti, siete matti, disse lui, così i sindaci andranno tutti ai comunisti. E si impegnò grevemente contro il referendum, chiedendo agli italiani di andare al mare, aiutandoci così a vincere».

E la Dc?

«Andreotti, perfido, disse che il referendum costava trecento miliardi ai poveri contribuen­ti italiani. Gli telefonai, minacciand­o di citare Mussolini. Nel ‘24 aveva sentenziat­o: le elezioni costano troppo, quindi da questo momento non si terranno più. “Se me lo chiedi tu — rispose amabilment­e —, non ne parlerò più”».

E i vescovi?

«Il cardinale Camillo Ruini s’infuriò. Gli chiesi un incontro e all’inizio me lo negò. Poi mi ricevette accusandom­i di mettere in pericolo la Dc. Cercai di dimostrarg­li che i partiti erano al lumicino e che anche la Dc era corrotta. Il sistema delle tessere selezionav­a alla rovescia, premiando i peggiori. L’unica differenza con il Psi era che noi peccavamo mantenendo il senso del peccato, loro nemmeno quello. Bella consolazio­ne».

Perché litigò con Pannella?

«Non potevamo rischiare di trovarci Cicciolina alle riunioni in cui cercavo di convincere quelli dell’azione cattolica! Allora i radicali non erano borghesi come adesso. Mi invitavano ai loro congressi e da un lato c’erano i punk, dall’altro gli arancioni, in fondo quelli che si sparavano la droga... Insomma, va bene mettere insieme il diavolo con l’acqua santa, ma più di La corsa al Quirinale A un certo punto Moro si presentò a casa nostra chiedendo a papà di ritirarsi. Lui fece una delle sue sfuriate: il giorno dopo venne eletto

Le occasioni mancate

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Il papà Antonio Segni (1891-1972) quarto capo dello Stato

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