«Non mi hanno creduta perché sono albanese»
Ho letto la lettera «Caro Salvini, ora la mia cittadinanza è più lontana», e vorrei raccontare la mia storia. Nata in Albania, sono arrivata in Italia 27 anni fa, da anni sono cittadina italiana e ora ho un regolare codice fiscale e una tessera sanitaria. Tuttavia per anni mi è stato impossibile avere un medico di base: l’autorizzazione è concessa solo dimostrando di avere una casa e un lavoro stabile. Ottenuta finalmente una abitazione con un contratto regolare, tuttavia non era finita. Ho conosciuto anche il «pregiudizio». Sono stata testimone del ritrovamento di un’auto rubata. Il danneggiato era così agitato che ho dovuto chiamare io, col mio cellulare, il 112. Un agente ha poi fatto un sopralluogo col danneggiato: era per lui il terzo furto in sei mesi! La faccenda è finita in tribunale. Chiamata a testimoniare, la giudice mi ha chiesto di parlarle di me, di come ero arrivata in Italia e dei barconi. Una cosa angosciante! Nella sentenza la giudice mi ha definita «sedicente teste» e ha chiuso la pratica senza rimborsi. Ho poi avuto occasione di leggere la lettera del legale al danneggiato: si afferma che la giudice ha ritenuto falsa la mia testimonianza e pertanto sconsigliava di ricorrere in appello, aggiungendo verbalmente che se io fossi stata inglese o tedesca non vi sarebbero stati problemi. Ho conosciuto il comunismo quello vero: a volte mancava anche il pane! Credo basti!
Ogni domenica pubblichiamo il racconto breve — reale o di fantasia — scritto da un lettore