Un capitalismo meno familiare
Le dinastie imprenditoriali escono dalla classifica dei primi gruppi del Paese. Come cambiano le grandi imprese su L’economia domani gratis con il Corriere
Dinastie italiane alla prova del decennio. Dal 2007 cinque tra le più importanti famiglie imprenditoriali sono uscite dalla graduatoria dei primi 25 gruppi del Paese. L’unica famiglia che resta al suo posto in cima alla classifica è quella degli Agnelli, che si presenta con un gruppo trasformato dal lungo periodo a guida Elkannmarchionne. I dati, in anteprima su L’economia del Corriere della Sera in edicola domani, sono tratti dal decimo Osservatorio Aub realizzato da Guido Corbetta, Fabio Quarato e Alessandro Minichilli dell’università Bocconi, che sarà presentato martedì 27 novembre. Altri nomi storici sono scesi di posizione lasciando spazio a un tipo diverso di famiglie e di imprese che paiono sempre meno fondate sul capitalismo relazionale. Se si guardano i nomi usciti si vede che sono tra quelli che hanno segnato la storia economica italiana. Come i Tronchetti Provera di Pirelli (dieci anni fa al quarto posto), i Pesenti di Italmobiliare (quinti nel 2007), i Garrone di Erg, i Merloni di Indesit (allora 18esimi), i Bastianello dei supermercati Pam (19esimi nel 2007). I Riva hanno perso Ilva ma riescono ugualmente a restare tra i primi 25 grazie all’altro «pezzo» del loro business. Altri resistono ma scendono di Corriere.it
Sul canale Economia del sito del Corriere della Sera gli approfondimenti pubblicati sull’inserto
posizione: i Barilla, i Berlusconi, i De Benedetti.
Per l’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, le imprese familiari hanno «un ruolo chiave nell’innovazione», ma ora devono crescere. Per farlo hanno bisogno di risorse finanziarie, ma troppo spesso si rivolgono ancora in maniera quasi esclusiva alle banche. «Occorre individuare anche altre forme di
finanziamento, non solo di natura creditizia — dice il ceo di Unicredit —. Quanto alle banche devono avere un approccio innovativo nella loro capacità di finanziare imprese a capitale familiare, anche se questo non basta. Occorre anche un impegno da parte dei governi nell’incentivare politiche che facilitino gli investimenti di lungo termine da parte dei fondi pensione, così da aiutare
le imprese familiari a finanziarsi direttamente».
L’economia affronta anche la lunga saga di Tim. Che cosa succederà all’operatore telefonico? Il consiglio di amministrazione si riunisce oggi per scegliere il nuovo amministratore delegato. Ma il vero interrogativo, come scrive Ferruccio de Bortoli, è sullo scorporo della rete, contesa tra debiti e giochi di potere. Con l’incognita della fusione con Open Fiber: un nuovo monopolio rischia di scaricare maggiori costi sugli utenti. C’è poi da capire che ruolo avrà il fondo attivista Elliott che probabilmente punta sull’opzione «spezzatino».
Tra i personaggi presenti c’è Bianca Maria Farina, presidente dell’ania, l’associazione nazionale delle imprese assicurative che caldeggia il coinvolgimento pubblico-privato per affrontare le calamità naturali. Ma anche Robyn Denholm, nuova presidente di Tesla che avrà il difficile compito di arginare il fondatore «genio ribelle» Elon Musk. In copertina c’è Carlo Clavarino, entrato nell’executive committee di Aon, il colosso Usa della Riassicurazione.
In tema di finanziamenti si fa il punto sui mutui: la salita dello spread ha cominciato a far sentire i suoi effetti su chi è intenzionato a stipulare o a cambiare un mutuo. Per ora si tratta di aumenti contenuti, attorno ai 20 centesimi in media, ma con punte che arrivano a 70 centesimi. Gli operatori danno per scontato che il trend si accentuerà nei prossimi mesi se i Btp e i conti pubblici non cambieranno rotta.