VEDERE GESÙ COME AGNELLO E COME LEONE
Le metafore del Medioevo
Per una felice combinazione, due preziosissime pubblicazioni di natura diversa ma concernenti entrambe il tema degli animali nel Medioevo, vedono indipendentemente e contemporaneamente la luce, fornite di una tale ricchezza di documenti, informazioni e suggestioni che se ne può fare appena un cenno.
La prima, opera dottissima e monumentale di un eccellente studioso, Francesco Zambon, accompagnato da una sua équipe, è addirittura la più ampia raccolta mondiale di bestiari tardoantichi e medievali: una trentina di testi tradotti da lingue diverse, con originale a fronte, un imponente apparato bibliografico, introduzioni, note e indici accuratissimi, oltre a una settantina di miniature a colori tratte da testimonianze manoscritte (Bestiari tardoantichi e medievali, Bompiani, pagine 2.449, 50).
I bestiari sono compilazioni che illustrano le virtù simboliche degli animali (talvolta anche di piante e pietre) alla luce della fede cristiana e, in particolare, della redenzione del mondo operata dall’incarnazione di Cristo. Il bestiario più antico, e comunque più famoso, l’anonimo Fisiologo, fu composto in greco, probabilmente ad Alessandria d’egitto nel II secolo d.c., e ispirò un intero genere, che ebbe corso fino al XII secolo, invadendo con i suoi simboli sia la letteratura sia le arti figurative.
Esistevano naturalmente nella classicità greca e latina (da Aristotele a Plinio il Vecchio) ampie trattazioni di carattere naturalistico-scientifico, ma in epoca ellenistica e medievale si giunse ad attribuire alle realtà visibili un significato analogico che in precedenza non avevano minimamente: niente infatti sarebbe comprensibile se non si tenesse conto che il platonismo e il neoplatonismo da un lato, il Cristianesimo dall’altro, presto per molti aspetti congiunti e mescolati, introdussero la concezione che esiste un altro mondo, anteriore e superiore al nostro, del quale quello in cui viviamo è copia, immagine, ombra o riflesso, cosicché — secondo la fondamentale affermazione di San Paolo — noi oggi vediamo solo per speculum et in aenigmate.
È questa teologizzazione della natura l’origine di un simbolismo cosmico, applicato in particolare agli animali con un significato morale o religioso in quanto nella Bibbia essi ricorrono frequentemente in forma di metafore o similitudini che, data l’autorità indiscutibile del Testo sacro, non possono essere né casuali né insignificanti: Cristo stesso, osserva Sant’agostino, viene chiamato di volta in volta agnello, vitello, leone. Né bisogna dimenticare che, in epoca ellenistica, ma in ambiente pagano, le qualità o i comportamenti degli animali furono evocati per spiegare simbolicamente i geroglifici egiziani, come attestano I geroglifici di Orapollo (editi nella Bur, 1996): tanto che questo trattatello, composto in greco forse nel V secolo d.c., potrebbe anche essere letto come una sorta di «bestiario egizio».
La seconda pubblicazione, intercalata da 235 magnifiche illustrazioni, è il catturante saggio di una nota e insigne studiosa del Medioevo, Chiara Frugoni, che muovendo dal racconto genesiaco della Creazione, indaga con uno stile tanto erudito quanto vivo la raffigurazione degli animali, reali o immaginari, quale risulta dai bestiari, dall’aneddotica e da svariate testimonianze figurative, inclusa la mappa mundi di Ebstorf (circa 1300), singolare enciclopedia cartografica del mondo, formicolante di luoghi, immagini e iscrizioni, sinotticamente riferiti sia alla storia sacra sia alla mitologia pagana, ma culminanti nella figura centrale del Cristo risorgente (Uomini e animali nel Medioevo, il Mulino, pagine 388, 40).