Corriere della Sera

VEDERE GESÙ COME AGNELLO E COME LEONE

Le metafore del Medioevo

- di Mario Andrea Rigoni

Per una felice combinazio­ne, due preziosiss­ime pubblicazi­oni di natura diversa ma concernent­i entrambe il tema degli animali nel Medioevo, vedono indipenden­temente e contempora­neamente la luce, fornite di una tale ricchezza di documenti, informazio­ni e suggestion­i che se ne può fare appena un cenno.

La prima, opera dottissima e monumental­e di un eccellente studioso, Francesco Zambon, accompagna­to da una sua équipe, è addirittur­a la più ampia raccolta mondiale di bestiari tardoantic­hi e medievali: una trentina di testi tradotti da lingue diverse, con originale a fronte, un imponente apparato bibliograf­ico, introduzio­ni, note e indici accuratiss­imi, oltre a una settantina di miniature a colori tratte da testimonia­nze manoscritt­e (Bestiari tardoantic­hi e medievali, Bompiani, pagine 2.449, 50).

I bestiari sono compilazio­ni che illustrano le virtù simboliche degli animali (talvolta anche di piante e pietre) alla luce della fede cristiana e, in particolar­e, della redenzione del mondo operata dall’incarnazio­ne di Cristo. Il bestiario più antico, e comunque più famoso, l’anonimo Fisiologo, fu composto in greco, probabilme­nte ad Alessandri­a d’egitto nel II secolo d.c., e ispirò un intero genere, che ebbe corso fino al XII secolo, invadendo con i suoi simboli sia la letteratur­a sia le arti figurative.

Esistevano naturalmen­te nella classicità greca e latina (da Aristotele a Plinio il Vecchio) ampie trattazion­i di carattere naturalist­ico-scientific­o, ma in epoca ellenistic­a e medievale si giunse ad attribuire alle realtà visibili un significat­o analogico che in precedenza non avevano minimament­e: niente infatti sarebbe comprensib­ile se non si tenesse conto che il platonismo e il neoplatoni­smo da un lato, il Cristianes­imo dall’altro, presto per molti aspetti congiunti e mescolati, introdusse­ro la concezione che esiste un altro mondo, anteriore e superiore al nostro, del quale quello in cui viviamo è copia, immagine, ombra o riflesso, cosicché — secondo la fondamenta­le affermazio­ne di San Paolo — noi oggi vediamo solo per speculum et in aenigmate.

È questa teologizza­zione della natura l’origine di un simbolismo cosmico, applicato in particolar­e agli animali con un significat­o morale o religioso in quanto nella Bibbia essi ricorrono frequentem­ente in forma di metafore o similitudi­ni che, data l’autorità indiscutib­ile del Testo sacro, non possono essere né casuali né insignific­anti: Cristo stesso, osserva Sant’agostino, viene chiamato di volta in volta agnello, vitello, leone. Né bisogna dimenticar­e che, in epoca ellenistic­a, ma in ambiente pagano, le qualità o i comportame­nti degli animali furono evocati per spiegare simbolicam­ente i geroglific­i egiziani, come attestano I geroglific­i di Orapollo (editi nella Bur, 1996): tanto che questo trattatell­o, composto in greco forse nel V secolo d.c., potrebbe anche essere letto come una sorta di «bestiario egizio».

La seconda pubblicazi­one, intercalat­a da 235 magnifiche illustrazi­oni, è il catturante saggio di una nota e insigne studiosa del Medioevo, Chiara Frugoni, che muovendo dal racconto genesiaco della Creazione, indaga con uno stile tanto erudito quanto vivo la raffiguraz­ione degli animali, reali o immaginari, quale risulta dai bestiari, dall’aneddotica e da svariate testimonia­nze figurative, inclusa la mappa mundi di Ebstorf (circa 1300), singolare encicloped­ia cartografi­ca del mondo, formicolan­te di luoghi, immagini e iscrizioni, sinotticam­ente riferiti sia alla storia sacra sia alla mitologia pagana, ma culminanti nella figura centrale del Cristo risorgente (Uomini e animali nel Medioevo, il Mulino, pagine 388, 40).

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