Fischi su Zverev al Master. La colpa? Aver battuto Federer
Il tedesco, in finale a Londra a 21 anni, si scusa con il pubblico. Lo svizzero non s’arrende: «Tornerò»
Le orde di seguaci aspettino a indossare le gramaglie. In mezzo al guado dell’autunno del suo scontento, a nove mesi scarsi dal trentottesimo compleanno, è presto per dire che Roger Federer è finito. Però una cosa è ufficiale: siamo entrati nell’era dei fischi a chi lo batte.
È successo ieri a Londra, semifinale delle Atp Finals, dove Alexander Zverev, tedesco 21enne (di genitori russi), ha approfittato della versione saldi-di-fine-stagione di un Federer falloso e accidioso — 20 errori gratuiti, solo il 57% di prime palle contro un ribattitore che con statistiche così mediocri è andato a nozze —, un maestro spompato dalla lunga stagione cominciata trionfalmente (vittoria in Australia, 20esimo Slam) di cui già Nishikori nel round robin aveva approfittato. È bastato che a un raccattapalle cadesse di mano la pallina sul 4-3 del tie-break del secondo set, e che Zverev chiedesse (da regolamento) la ripetizione del punto annettendoselo con un ace, perché alla fine il pubblico lo coprisse di fischi, costringendolo a scusarsi: «Lo scambio era diventato pericoloso, non ho fatto nulla di male». Ma il re vecchio e stanco, in odor di stempiatura e palliduccio come dopo una brutta influenza, oltre all’ammirazione a prescindere per ciò che è stato oggi suscita sentimenti di tenerezza, come se quel meraviglioso avvenire che ha alle spalle non prevedesse altri sprazzi di luce, solo il precipitare di un inevitabile buio. «Al di là della delusione per la sconfitta, sono molto felice della mia stagione — ci conforta Roger sulla soglia delle meritate vacanze —. Uno Slam, il ritorno al numero uno del ranking: sono ancora competitivo a 37 anni e ne vado immensamente fiero». Mentre il giovane Zverev assistito da Lendl riporta in finale al Masters la Germania 22 anni dopo Boris Becker, Federer chiude l’anno al n.3 e a un pelo dal traguardo storico, il 100esimo titolo, un obiettivo che mette da parte per il 2019, quando non mancheranno le gatte da pelare: il prepotente ritorno di Djokovic (avversario più giovane di sei anni) sul trono del tennis, il solito Nadal, l’alter-ego che conosce a memoria, e la lenta ma inarrestabile ascesa dei Next Gen, di cui Sasha Zverev rappresenta l’avamposto piazzato com’è, teenager tra attempati trentenni, al numero 5 della classifica e già in pari, 3-3, nei confronti diretti con il maestro svizzero.
Il lucroso contratto con Uniqlo, 30 milioni di dollari l’anno, ci garantisce almeno altre due stagioni di Federer all’orizzonte (i giapponesi vogliono vederlo in azione nell’olimpiade di casa: Tokyo 2020). Che poi sia sempre tirato a lucido e performante come ai bei tempi, e non fané come con Anderson a Wimbledon (match point sprecato) e con Millman a New York, è tutto da vedere. Però già saperlo in tabellone, con una miriade di frecce diverse nella faretra e un ventaglio di possibilità in mano, è terribilmente confortante.