Corriere della Sera

L’italia trova un arbitro che non conosce le regole L’australia ringrazia

- DAL NOSTRO INVIATO Domenico Calcagno

PADOVA La questione la chiudeva Michael Cheika, allenatore da mesi in bilico dell’australia. «L’arbitro? Quando perdo e me la prendo con l’arbitro mi fanno a pezzi. Questa volta è andata bene e mi godo la vittoria». Il tema, finita la partita, è stato infatti l’operato di Pascal Gauzere, e per una volta non c’è stato bisogno di stimolare Conor O’shea sui fischi del francese. L’irlandese che guida l’italia è un uomo tranquillo ed educato, ma ieri è andato dritto al bersaglio grosso. «Vorrei giocare con le stesse regole degli altri. Il Tmo (la Var ovale, ndr) per gli altri c’è sempre, per noi no. Potrei scrivere al capo degli arbitri, ma cosa otterrei? Eddie Jones (c.t. dell’inghilterr­a) ha detto che non andrà più alle riunioni con gli arbitri perché sono inutili. Ha ragione. Ora però devo controllar­e le mie parole, non vorrei che mia moglie mi rimprovera­sse. E poi siamo vicini al Natale».

Capita molto spesso di perdere all’italia, capita molto meno spesso di giocare una partita come quella di ieri e ritrovarsi malamente battuta. Ma sul 26-7 le decisioni dell’arbitro hanno pesato al di là di ogni ragionevol­e dubbio. Facendo due conti, all’italia manca la meta di Tebaldi (sullo 0-0) annullata per un fuorigioco fantasma (decisione presa senza passare per il Tmo) e probabilme­nte un’altra, di penalità, quando agli australian­i, avanti di 14 punti ma in 14 trincerati a difesa della loro linea, l’ineffabile Gauzere consentiva di difendere senza alcun rispetto per il regolament­o. Se aggiungiam­o che la terza meta australian­a, a inizio ripresa, è sembrata viziata da un’ostruzione e un passaggio in avanti il gioco è fatto. E la furia (controllat­a) di O’shea giustifica­ta.

Detto tutto questo, non esiste la prova che l’italia (che sabato a Roma affronterà gli All Blacks) avrebbe vinto con un arbitro meno distratto. Avrebbe però potuto provarci fino in fondo, e considerat­o come vanno le cose non sarebbe stato poco. Nella prima mezz’ora gli azzurri andavano in meta con Steyn, che aveva però toccato col tallone la linea laterale e, soprattutt­o, marcavano con Tebaldi. Tutto cancellato. E così, invece di iniziare la gara al comando, si ritrovavan­o sotto, colpiti da Kerevi e Koroibete, coppia di fenomeni reclutati alle Figi. Il primo scardinava, il secondo, accreditat­o di 10’7 sui 100, finiva il lavoro. Presa la prima meta, l’italia si smarriva e a inizio ripresa ecco il terzo cazzotto, un diretto di Tupou, tongano di 175 cm per 135 chili che dalle sue parti chiamano Tongan Thor.

A quel punto si aspettava la grandinata (di mete australian­e), invece l’italia segnava con Bellini e si piazzava a ridosso della linea avversaria. Punti, però, non ne arrivavano anche per errori (gravi: 5 rimesse laterali perse) degli azzurri. E la meta di Genia era l’ultimo sberleffo a una Nazionale che avrebbe meritato qualcosa di meglio. O perlomeno un arbitro più in forma.

O’shea Vorrei giocare con le stesse regole degli altri: il Tmo per gli altri c’è sempre, per noi no

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(Conforti) Per il collo L’azzurro Braam Steyn fermato dagli australian­i
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