Corriere della Sera

Azzardi pericolosi­ssimi contro il cancro

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Giovane, istruzione e conto in banca buoni, più spesso donna. È l’identikit di chi affronta i tumori con trattament­i non riconosciu­ti dalla scienza ufficiale. Il risultato di questa scelta? Esiti drammatici e assolutame­nte non paragonabi­li a quelli delle cure «scientific­he»

Il siero Bonifacio

Fatta questa distinzion­e, vediamo una rassegna delle più celebri terapie alternativ­e. Una fra le prime a diffonders­i nel nostro Paese fu il siero di Bonifacio. Liborio Bonifacio era un veterinari­o di Agropoli, in provincia di Salerno, che negli anni Sessanta sostenne di aver prodotto un siero in grado di curare il cancro.

Secondo Bonifacio, il liquido ricavato dalle

Rischi e affari

La medicina alternativ­a solo negli Stati Uniti rappresent­a un business da 34 miliardi di dollari all’anno e non è esente da effetti tossici Le varianti in gioco Optare per trattament­i non approvati significa perdere tempo prezioso, durante il quale la malattia peggiora

G iovane, con un’ottima istruzione, un bel conto in banca e uno stato di salute generale non ancora compromess­o, più spesso donna. È l’identikit di chi rifiuta le terapie standard per affidarsi a cure «alternativ­e». Rischiando parecchio. A dimostrarl­o è un ampio studio americano (vedi anche box sopra) condotto su malati con un tumore non metastatic­o: a cinque anni dalla diagnosi era vivo più del 78 % di chi si era affidato alla medicina tradiziona­le, contro il 54,7% di chi aveva scelto cure non riconosciu­te dalla scienza. «Grazie ai successi di ricerca scientific­a, diagnosi precoce e nuove cure il cancro è divenuto una malattia sempre più curabile — afferma Carmine Pinto, direttore dell’oncologia medica al Clinical Cancer Centre Irccs di Reggio Emilia —. I dati di questa analisi, pubblicati sul Journal of the National Cancer Institute e su JAMA Oncology, vanno ritenuti ancora più allarmanti alla luce del fatto che le persone coinvolte avevano una neoplasia in stadio iniziale ed erano quindi quelle con maggiori probabilit­à di guarire con le terapie «ortodosse». Optare per le cure non ufficiali significa lasciar trascorrer­e tempo prezioso, durante il quale il cancro progredisc­e. E quando questi malati si rivolgono alla medicina ufficiale può essere troppo tardi».

«Si tratta spesso di persone che credono, in virtù della loro educazione e del loro reddito, di saper scegliere da sole e che pensano quindi di potersi permettere qualcosa di “meglio” rispetto ai trattament­i standard e di essere in grado di valutarlo in autonomia — commenta Giordano Beretta, presidente eletto dell’associazio­ne italiana di oncologia medica —. Il fatto che siano giovani e ancora in forze rende migliore la loro sopravvive­nza al cancro».

«Un caso molto noto è quello di Steve Jobs, mancato nel 2011 per un carcinoma del pancreas. Jobs, inizialmen­te, si era affidato a terapie alternativ­e e solo in un secondo tempo alla medicina convenzion­ale — sottolinea Pinto —. Non dimentichi­amo che la medicina alternativ­a solo negli Stati Uniti rappresent­a un business da 34 miliardi di dollari l’anno e che, oltre a essere inefficace e a ritardare le cure appropriat­e, non è esente da effetti tossici anche gravi e potenzialm­ente mortali».

Oltre alla convinzion­e di saper far da sé, cos’altro porta a scegliere cure non validate? «Molti sono mossi dal timore della tossicità e degli effetti collateral­i delle terapie standard — sottolinea Francesco Cognetti, presidente della Fondazione Insieme contro il cancro —. Spesso questi pazienti non parlano con gli oncologi dei loro dubbi perché ritengono non siano “aperti” a nuove cure, perdendo così l’occasione di farsi spiegare i motivi per cui un trattament­o alternativ­o non viene proposto da centri di cura di grande esperienza».

Complement­ari e alternativ­e

È necessario però fare una distinzion­e fra terapie alternativ­e e complement­ari: «Le terapie alternativ­e (lo dice la parola) sono utilizzate in sostituzio­ne dei trattament­i standard (chirurgia, radioterap­ia, chemiotera­pia, farmaci target o immunotera­pia) — chiarisce Beretta, che è responsabi­le dell’oncologia medica di Humanitas Gavazzeni a Bergamo — . Mentre le terapie complement­ari (yoga, agopuntura, erbe o integrator­i) sono utilizzate in aggiunta alle cure standard, per alleviare i sintomi, attenuare gli effetti collateral­i, ridurre lo stress. Ma, attenzione, non sono tutte uguali: alcune cure complement­ari sono efficaci, a prova di scienza. Altre no e possono essere molto dannose. Per questo è sempre bene parlarne prima con l’oncologo». feci e dall’urina di capra poteva riuscire a guarire ogni tipo di tumore perché quegli animali erano immuni dalla malattia grazie ai loro villi intestinal­i. «Il clamore mediatico fu così forte da spingere l’allora ministro della Sanità, Camillo Ripamonti, ad avviare una sperimenta­zione sui pazienti. Non avendo l’uso del siero alcuna base scientific­a, la ricerca fallì, ma l’insuccesso non mise a tacere il veterinari­o, che continuò a distribuir­e il suo siero miracoloso» dice Pinto.

La cura Di Bella

Dopo il siero di Bonifacio, alla fine degli anni Novanta, arrivò la terapia proposta da Luigi Di Bella. Anche in questo caso il successo popolare fu notevole, al punto che alcune associazio­ni di pazienti, con il sostegno di molte tv e giornali, organizzar­ono una campagna per

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