Ragazzi bocciati in malattie «veneree»
La conoscenza delle patologie che si possono contrarre attraverso i rapporti sessuali è parecchio al di sotto del livello di guardia. Specie fra i maschi
Ma che cosa sono esattamente le malattie a trasmissione sessuale?
La conferma che le idee tra i ragazzi sono parecchio confuse viene anche da questa risposta: per il 21% degli intervistati anche il raffreddore, che notoriamente può trasmettersi baciandosi, può rientrare di diritto nell’elenco di queste patologie alle domande dei lettori sulle malattie sessualmente trasmesse all’indirizzo
http://forum. corriere.it/ malattie_ sessualmente _trasmesse
Se si esclude l’aids, la conoscenza tra gli adolescenti italiani delle malattie sessualmente trasmissibili (Mst) e di come si fa a prevenirle, è decisamente sotto il livello di guardia. Eccetto il Papilloma virus (malattia nota al 61% delle femmine e al 53% dei maschi), le altre più comuni Mst sono conosciute (e riconosciute come tali) soltanto da una minoranza, che oscilla tra il 45% (Candida) e l’11% (condilomi).
I dati provengono da un’indagine realizzata dall’associazione laboratorio adolescenza e dall’istituto di Ricerca Iard nel corso dell’anno scolastico 2017-2018 su un campione nazionale, rappresentativo di 2.890 studenti delle scuole medie superiori.
La ricerca – curata da Carlo Buzzi, ordinario di Sociologia dell’università di Trento e referente per l’area sociologica di Laboratorio Adolescenza – è stata effettuata con la collaborazione di Sima, la Società italiana di medicina dell’adolescenza e di Dracma Educational, che opera nel campo della promozione della prevenzione nelle scuole.
Sono proprio i dati sulla prevenzione quelli che preoccupano di più: se è confortante che il 94% del campione sappia che il preservativo è un efficace protezione dalle Mst (ma sono in pochi a sapere, per esempio, che contro il Papilloma virus non garantisce una barriera adeguata), il 58% ritiene che l’utilizzo di un qualunque metodo contraccettivo (pillola in primis) protegga dalle Mst, e l’85% è convinto che un’accurata igiene dopo un rapporto sessuale sia anch’essa una efficace protezione. Fino ad arrivare a una preoccupante e diffusa confusione tra prevenzione e controllo, con il 79% degli intervistati convinto che fare frequenti esami del sangue protegga dalle malattie a trasmissione sessuale. La nota positiva è che una larga maggioranza del campione, il 65 % , è almeno consapevole di “non sapere” e vorrebbe avere ulteriori informazioni sull’argomento. A ritenersi meno informate sono le femmine più che i maschi (72% contro 56%), sebbene, al contrario, siano proprio i maschi a evidenziare le lacune più gravi.
Ma chi dovrebbe aiutare questi ragazzi a chiarirsi le idee su un argomento così delicato e urgente, se – come dicono gli studi più recenti – l’età media del primo rapporto sessuale in Italia si colloca proprio intorno ai 17 anni?
I diretti interessati non hanno dubbi: l’82% indica la scuola, specie considerando che il 73% di loro (il 78% delle femmine) afferma che parlare di questi argomenti in famiglia è molto difficile.
«È comprensibile — sostiene Alessandra Condito, dirigente scolastica del liceo scientifico Einstein di Milano — che la scuola sia vista dagli adolescenti come il contesto più adatto, specie se – come loro stessi affermano – non è semplice affrontare questi argomenti con i genitori. In parte la scuola assolve a questo compito (nel mio liceo, per esempio, affrontiamo il tema della sessualità grazie alla collaborazione di organizzazioni esterne altamente qualificate), ma non possiamo immaginare che tutto ricada sempre e solo sulla scuola. Sia per oggettivi motivi di tempo, sia perché, per paradossale che sia, quando si tratta di affrontare argomenti che attengono alla sessualità, sono spesso proprio le famiglie a porre ostacoli. Ciò che servirebbe è una suddivisione di compiti, organica e concordata, tra agenzie formative che sia in grado di garantire agli adolescenti una consapevole autonomia per orientare i propri stili di vita. Vale per la sessualità come, ad esempio, per l’alimentazione, per l’addiction o per il corretto uso della rete e dei social network».
Se in famiglia il dialogo è difficile e la scuola non può compensare completamente, quale sponda a cui appoggiarsi rimane agli adolescenti per avere informazioni affidabili e non intercettate tra amici altrettanto disinformati o il ginepraio della rete? Carlo Alfaro, pediatra, esperto di adolescenza e membro del Direttivo nazionale Sima, osserva: «Un medico preparato e formato a dare risposte esaustive all’adolescente, in un linguaggio a lui consono, potrebbe rappresentare una valida alternativa al rischio che informazione ed educazione avvengano in modo improvvisato e confuso».
Una soluzione apparentemente scontata se non fosse che gli adolescenti dal medico ci vanno molto di rado. Appena il 30% dei maschi lo considera, infatti, un interlocutore importante per saperne di più sulle malattie a trasmissione sessuale, mentre la percentuale sale un po’ tra le femmine (40%), che a quell’età iniziano quantomeno ad avere una frequentazione con il ginecologo. Ed anche questo è un problema culturale che vede il medico come riferimento per curare, ma non per aiutare a prevenire.
E allora, che fare? «L’obiettivo ultimo di questo lavoro — afferma Paolo Paroni, presidente di Rete Iter-iard — è proprio cercare delle soluzioni. Per farlo al meglio siamo partiti dalla prerogativa storica del nostro Istituto e Laboratorio Adolescenza, ovvero la ricerca sociale in profondità che offre elementi di conoscenza
In classe
Secondo i giovanissimi intervistati dovrebbe essere la scuola a fornire informazioni
puntuali della realtà giovanile, per individuare azioni delle istituzioni e delle agenzie educative, sempre più coerenti e appropriate. L’importante tema della prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse è solo uno degli ambiti di IARD e Laboratorio Adolescenza, il lavoro prosegue su tematiche altrettanto urgenti quali la legalità, la giustizia, l’interculturalità, la mobilità internazionale».