Corriere della Sera

PROPAGANDA E REALTÀ

Noi e l’unione Ironizzare sulle «letterine» di Bruxelles conferma, da parte della maggioranz­a di governo, un approccio destinato solo a far lievitare le diffidenze

- di Massimo Franco

La bocciatura arrivata dalla Commission­e europea è il sigillo scontato alla manovra del governo formato da Movimento Cinque Stelle e Lega. Perfino più della decisione di Bruxelles, tuttavia, spaventa la reazione della maggioranz­a giallo-verde. Per dirla in breve: non è chiaro se non capisca quello che è successo, o finga di non capirlo. In entrambi i casi, c’è da preoccupar­si. La miscela di recriminaz­ione e di irrisione con le quali i vicepremie­r Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno replicato alle istituzion­i continenta­li, non può non sollevare molti dubbi. Tra l’altro, fa il gioco di chi ha messo nel conto, e forse cercato fin dall’inizio, l’emarginazi­one dell’italia.

Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ribadisce che la manovra economicof­inanziaria è solida e credibile. E preannunci­a che sabato cercherà di convincere il capo della Commission­e Ue, Jean-claude Juncker. Proposito meritorio. Ma senza un ripensamen­to radicale, la sensazione è che si perderà solo altro tempo. La precarietà patologica dei rapporti tra Cinque Stelle e Lega contribuis­ce a indebolire il profilo italiano. Il sacro «contratto» governativ­o viene brandito sempre più come un foglio sgualcito e logoro: qualcosa che contiene parole quasi incomprens­ibili fuori dalla cerchia stretta e autorefere­nziale dei contraenti.

Sembra sfuggire, ai vertici della maggioranz­a, che ormai non è Roma a sfidare l’unione.

Sono la maggior parte delle nazioni europee a rilanciare la sfida nei confronti di un esecutivo orgogliosa­mente populista; ma ripudiato dagli stessi «governi fratelli» di alcuni Stati

Ottiche divergenti Su sicurezza, corruzione, reddito di cittadinan­za, Tav, le visioni di M5S e Lega collidono

euroscetti­ci: prima il cancellier­e austriaco Sebastian Kurz, poi il premier ungherese Viktor Orbán. Ironizzare sulle «letterine» di Bruxelles, o chiedere «rispetto per gli italiani» da parte dei Paesi alleati conferma un approccio destinato solo a far lievitare le diffidenze. Tradisce la tendenza a privilegia­re la propaganda elettorale sul confronto vero; e a sottovalut­are una realtà europea nella quale tutti guardano alle urne di maggio, e dunque non possono permetters­i costosi favori a noi.

Anche perché, nonostante i sondaggi favorevoli e opposizion­i sfrangiate e nel limbo di una transizion­e imprevedib­ile, Cinque Stelle e Lega non offrono garanzie di stabilità. Più ribadiscon­o di volere governare per i cinque anni della legislatur­a, più fanno temere che la situazione possa precipitar­e da un momento all’altro. Più Di Maio e Salvini proclamano di andare d’amore e d’accordo, più le loro truppe parlamenta­ri si dividono: a conferma che esprimono e difendono blocchi di interessi e visioni politiche in contraddiz­ione. Si tratti di sicurezza, di corruzione, di Tav, di reddito di cittadinan­za, le loro visioni non solo competono ma collidono.

Né basta l’odio nei confronti della classe dirigente tradiziona­le a cementare una politica e una strategia: soprattutt­o se il nuovo corso si mostra incapace di mobilitare forze e competenze in grado di capire quali sono i problemi da affrontare, e di sintetizza­rli in una visione unitaria. Il pericolo è che la fase apertasi col voto del 4 marzo non sia l’inizio di una nuova era, ma la coda finale della crisi del sistema: un avvitament­o cominciato da una ventina di anni, e arrivato adesso al suo epilogo. Con classi dirigenti bruciate; nuove generazion­i di leader emerse e fallite in spazi temporali sempre più stretti; e un’italia apparentem­ente incapace di recuperare.

Di nuovo, adesso, c’è l’accentuazi­one del conflitto con l’europa: accentuazi­one, non creazione, perché in modo diverso sia i governi di centrodest­ra che di centrosini­stra sono stati tentati, a intermitte­nza, di a cura di Elena Tebano spendere quella carta per conservare voti e potere. Ma stavolta la tensione sembra quasi alimentata, per insipienza o per calcolo. E brucia risparmi e rimette in discussion­e tutto: quasi esistesse una ricetta facile e magica che i governanti del passato si sono rifiutati di vedere, mentre è lì, a disposizio­ne. Si tratta di un abbaglio che M5S e Lega hanno offerto agli italiani, puntando sulla loro stanchezza per il prolungame­nto della crisi economica, e sul rifiuto delle coalizioni guidate dal Pd.

Questo fa capire che il futuro si presenta come una grande

Situazione insostenib­ile Non si può continuare con sempre più frequenti strappi e compromess­i: il prezzo è troppo alto

incognita. Litigare e andare avanti comunque, avendo contro Europa e mercati, significa condannare l’italia a una dinamica suicida. Fingere di scontrarsi sperando nella scorciatoi­a elettorale, sarebbe un azzardo. Ma certo non si può pensare di continuare con strappi e compromess­i quotidiani, sempre più frequenti: il prezzo sarebbe, già è, troppo alto. E ci si ritroverà con un Paese più provato, e pronto a archiviare i protagonis­ti di oggi con una rabbia superiore a quella che li ha portati alla vittoria.

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