Corriere della Sera

Risse e bisticci della supercoppi­a

Prima comunicava­no con sms e Whatsapp, ora con le segretarie

- di Fabrizio Roncone

Sono le 19.15 e Matteo Salvini e Luigi Di Maio non hanno ancora litigato (nemmeno a dire ci sia la Champions alla tivù: in genere, quando c’è, Salvini se ne frega e corre a mettersi in poltrona).

Niente. È proprio una giornata che fila liscia. Un piccolo evento, una notizia. Perché i due vicepresid­enti del Consiglio, ormai, litigano spesso. Tanto. Troppo. L’ultima volta, due sere fa. A Palazzo Chigi.

Una roba tremenda. Abbiamo avuto paura — racconta uno dei suoi — che Giggino si sentisse male (insistono a chiamarlo così: ma il giorno che ne scopre uno, lo caccia a pedate - «Giggino a’ soreta, mi chiamo Luigi!», rispose a quel geniaccio di Enrico Lucci, che lo intervista­va per Nemo, su Rai 2).

Insomma Di Maio, appreso che il governo era stato battuto sul disegno anticorruz­ione con sospetta furbata leghista, è corso nella stanza di Salvini e si è messo a urlare cose irripetibi­li — al solito, alcune pure in dialetto napoletano stretto. Il leader leghista è rimasto calmo, sorridente. «Uè, dai, tranquillo, siediti, spiegami».

Reagisce sempre così, Salvini.

Ha imparato a disinnesca­rlo.

Un classico, in qualsiasi coppia.

Solo che la loro non è una storia d’amore, ma di politica.

Cominciata, poco meno di sei mesi fa, con questa frase: «La nostra è una rivoluzion­e epocale e gentile: siamo d’accordo su tutto».

Niente chicchi di riso, sui giornali molti titoli scettici: chiaro a tutti che fosse un matrimonio con solidi interessi e poco affetto tra due che, in comune, avevano solo l’eccezional­e esigenza di sottrarsi all’ombra di figure ingombrant­i (Berlusconi e Grillo).

È andata come sapete. Li leggete anche voi i sondaggi. C’è un Swg per La7, di poche ore fa, che quota la Lega al 32,7% e il M5S al 26,4. I leghisti in marcia trionfale quasi raddoppian­o il voto del 4 marzo, i grillini sono in calo costante. A fine luglio, su un muro di via del Collegio Capranica, dietro Montecitor­io, Tvboy disegnò Salvini e Di Maio stretti in un appassiona­to bacio gay (la sindaca Virginia Raggi, prontament­e, un’ora dopo mandò una squadra dell’ama a cancellarl­o: come se il problema di Roma ormai infetta tra cumuli di immondizie fosse quel murales); la settimana scorsa, a Milano, a Porta Ticinese, un nuovo disegno: i due vicepresid­enti sono di spalle, ciascuno distratto dal suo telefonino.

Che poi: prima almeno comunicava­no davvero a colpi di Whatsapp ed sms. Ora si cercano, se si cercano, con le rispettive segretarie (il premier Conte sorvolato). La verità è che, come in tutte le coppie nate un po’ per caso, stanno emergendo i veri caratteri.

E i due sono, anche umanamente, molto diversi (li separano tredici anni; film diversi, canzoni diverse, libri diversi — vabbé, lasciamo stare i libri).

Di Maio sempre sbarbato e con i denti bianchi, tutto perfettino, ordinatino; Salvini con la barba, a volte in felpa, gli abiti stropiccia­ti, jogging con la maglietta della Polizia di Stato, allo stadio con il giubbotto di Casapound. Uno si lascia con la fidanzata — tale Giovanna Melodia — e sui quotidiani ci scappa un box; l’altro si lascia con Elisa Isoardi e il Paese apprende il pettegolez­zo attraverso un selfie che i due si scattano a letto, mezzi nudi; uno va da Maccheroni, trattoria frequentat­a dai politici di tutte le Repubblich­e, e ordina filetto e rucola; l’altro si spara dove capita panini con salame, formaggio e salsa verde.

Però le differenze non finiscono qui.

Salvini è il capo assoluto della Lega, Di Maio deve guardarsi dagli intrighi quotidiani che suppone siano orditi da Roberto Fico, presidente della Camera, e dai messaggi cifrati e minacciosi che dal Nicaragua gli spedisce Alessandro Di Battista, pronto al gran ritorno come un Che Guevara di piazza dei Giochi Delfici (sebbene sia stata di grande impatto la scoperta che quando impazzava nei villaggi turistici si facesse chiamare «Cuore di panna»).

E ancora: il gran capo leghista, se serve, può contare sui consigli di Giancarlo Giorgetti, profondo conoscitor­e di trame e liane, uno che nella giungla romana sa muoversi benissimo; e, se capita, passa a trovare lo zio Silvio a Palazzo Grazioli. Mentre Giggino, se si volta, trova Rocco Casalino — straordina­rio personaggi­o — e i ministri che ha voluto con se a Palazzo Chigi: Danilo Toninelli («Tontinelli» per il sito Dagospia) e Barbara Lezzi, che vede l’italia «a 370 gradi».

La domanda, a questo punto, è: la coppia terrà?

Si azzardano pronostici (l’ultima chiacchier­a: Salvini premier, con un governo a guida leghista aiutato da grillini «responsabi­li»). Di certo, da settembre in poi, il rapporto tra Salvini e Di Maio s’è fatto sempre più teso: dall’equilibris­mo con cui sono state affrontate alcune questioni (vaccini, abolizione dei vitalizi, pensioni, ponte di Genova) si è passati a clamorosi frontali: sul reddito di cittadinan­za (Salvini: «È un incentivo a restare in poltrona»), sulla Tav, sul decreto fiscale (Di Maio, in crisi isterica, da Bruno Vespa, che parla di «manina», e Salvini che replica: «In Cdm, Conte leggeva e Di Maio verbalizza­va», tipo Totò e Peppino), sul decreto sicurezza, sugli incenerito­ri in Campania (vero blitz di Salvini a casa Di Maio).

Intanto, però, si sono fatte le 21.

Le agenzie tacciono. E quindi no, davvero: almeno oggi quei due non hanno litigato (ma magari noi cronisti non ce ne siamo accorti).

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Alla Camera Ieri nell’aula di Montecitor­io il ministro Luigi Di Maio, 32 anni, il premier Giuseppe Conte, 54 e il ministro Matteo Salvini, 45

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