Corriere della Sera

Silvia, rapita in Kenya «Vivo di ciò che dono»

Vicino Malindi Paura per la giovane volontaria italiana. La mano degli islamisti

- di Guido Olimpio e Fiorenza Sarzanini

Silvia Costanza Romano, milanese, 23 anni, volontaria della ong italiana Africa Milele, è stata rapita martedì sera a Chakama, piccolo villaggio sulla costa del Kenya a 70 km da Malindi. Sei assalitori armati di kalashniko­v e machete sono entrati sparando nel villaggio. «Dov’è la bianca, dov’è?» ha detto un testimone. Cercavano proprio lei. I sospetti si concentran­o sugli islamisti somali shabaab.

È l’ipotesi peggiore, quella che porta direttamen­te ai fondamenta­listi. Perché le modalità dell’azione e la zona dove è avvenuto il rapimento fanno ritenere che Silvia Costanza Romano possa essere stata catturata per scopi politici. Certamente l’obiettivo è ottenere un riscatto, ma la finalità appare quella di finanziare i gruppi estremisti. Dunque è alto il rischio che i tempi del negoziato possano non essere brevi. E questo naturalmen­te preoccupa intelligen­ce e diplomazia, anche tenendo conto che l’ostaggio è una donna giovane peraltro poco esperta di cooperazio­ne. Basti pensare che non era stata effettuata alcuna registrazi­one sulla sua presenza in Kenya presso la Farnesina e soprattutt­o che la onlus per la quale lavorava come volontaria non aveva previsto alcun dispositiv­o di sicurezza per lei e gli altri giovani che stavano lì per aiutare la popolazion­e locale.

Il passaggio di mano

Il dramma di Silvia ne ricorda altri, episodi dove sono stati coinvolti stranieri. In particolar­e nel 2011 una signora francese e una britannica sono state sequestrat­e da piccoli nuclei poi fuggiti a bordo di imbarcazio­ni veloci. In entrambi i casi gli autori hanno raggiunto la Somalia e questo ha portato ad accusare gli Shabaab, movimento di ispirazion­e qaedista. Uno scenario possibile — visto anche nel Sahel e in Iraq — è quello di un’azione condotta da manovalanz­a locale, che conosce bene il territorio, è informata sul target ed esegue la missione. Quindi passa l’ostaggio ad altri, criminali comuni oppure estremisti in cerca di denaro. Spesso è una realtà «ibrida», dove si intreccian­o brigantagg­io e islamismo radicale, con confini mai netti. Per tattica, ma anche perché in molti quadranti è normale che le distinzion­i non siano marcate.

Il contatto

Una realtà complessa nella quale bisogna districars­i per cercare un canale di trattativa. Si procede sul doppio binario. Mentre i carabinier­i del Ros guidati dal generale Pasquale Angelosant­o sono stati delegati dal pubblico ministero Sergio Colaiocco a svolgere verifiche e rintraccia­re i testimoni del rapimento, gli uomini dell’intelligen­ce sfruttano i contatti locali — compresi quelli già utilizzati dai servizi segreti degli altri Paesi come imprendito­ri del luogo, autorità religiose, capitribù — per conoscere la contropart­ita richiesta. Obiettivo è fare più in fretta possibile per sottrarre l’ostaggio ai suoi aguzzini. Senza sottovalut­are la possibilit­à che la giovane possa già essere stata trasferita oltre i confini. Se la pista è quella che porta agli Shabaab, le loro basi sono in Somalia dove hanno già compiuto rapimenti e dove mescolano tattiche guerriglie­re e terrorismo indiscrimi­nato.

La strategia

Dal 2017 questa fazione di fondamenta­listi ha provocato quasi 800 vittime con veicolibom­ba fatti detonare vicino ad alberghi e luoghi simbolici. Inoltre hanno compiuto incursioni devastanti nel vicino Kenya, arrivando fino al cuore del Paese, come testimonia il massacro nel centro commercial­e Westgate a Nairobi, nel 2013. Quindi hanno seminato morte, due anni dopo, tra gli studenti di Garissa. Commando di killer che hanno colpito grazie a combattent­i capaci di condurre ricognizio­ni, esaminare eventuali difese, scegliere obiettivi, battere strade, sentieri e «corridoi». Sulla terraferma e in mare.

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La volontaria italiana Silvia Romano, milanese, di 23 anni, rapita in Kenya martedì sera. Era in Africa per l’associazio­ne Africa Milele Onlus

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