Cristiano Ronaldo e l’elogio del gioco «che crea il mondo»
Il caso CR7, luci e ombre di un uomo azienda, su «Liberitutti» in edicola domani gratis col «Corriere»
Èla libertà di giocare a creare il mondo. La dimensione del gioco rende il rischio più accettabile e può incanalare il talento.
È accaduto a Cristiano Ronaldo, il portoghese che ha trasformato la miseria dei rotoli di carta da calciare nei vicoli di Madeira in cinque Palloni d’oro e 662 gol. E pazienza se le indiscrezioni lo danno fuori dal podio del Pallone d’oro per il 2018. Ronaldo il narcisista, lo scontroso, il «perseguitato» dal Fisco spagnolo, raggiunto pure da accuse di stupro a Las Vegas, gioca e sorride a dispetto della regola che vuole l’eroe abitato da fragilità e solitudine, come ricorda il filoso Simon Critchley in A che cosa pensiamo quando pensiamo al calcio (Einaudi). La storia incredibile di Cr7 è raccontata da Daniela Monti e Federico Pistone su Liberitutti #28 (domani gratis con il Corriere). Con 146 milioni di follower su Instagram è diventato il più seguito al mondo. «Sorrido sempre, sono un uomo felice», dice di sé il fuoriclasse. Lui si conferma il campione dell’ottimismo, l’uomo senza rimpianti, colui che ha raccontato: «Quando smetterò avrò una bella vita. Non per i soldi (30 milioni a stagione oltre alle decine guadagnate con i social, la pubblicità, le sue aziende, ndr), ma perché voglio provare altro. Ho cominciato a pianificare il futuro a 27/28 anni».
«La vita non è sogno. La vita è gioco», sottolinea Edoardo Boncinelli nell’editoriale di Liberitutti. «Lo è per gli animali, che non conoscono altri modi di vivere. Lo è per noi uomini, che restiamo “cuccioli” a lungo. Bisogna essere indulgenti con la nostra voglia di giocare e sentirsi liberi di farlo, magari anche trovandosi un lavoro che sia a metà strada tra l’impegno e il gioco, come ho fatto io». Balla e si sente felice, come le ha insegnato la nonna Marise («Vai a pranzo e c’è la rumba»), la cantante Elodie. Il disco Rambla è un inno alla festa dove puoi anche innamorarti: «A me è successo».