«Le banche? Hi- tech e territorio»
Brandstätter, vicepresidente Acri: sinergie con le aggregazioni tra fondazioni
«Non dobbiamo pensare, secondo la distinzione fatta nell’unione europea, che le piccole banche siano “meno significative”: perché nel loro territorio i piccoli istituti e le banche private sono molto significative». La visione di Gerhard Brandstätter — 65 anni, avvocato, console onorario della Germania per il Trentino Alto Adige, presidente della CR Bolzano (Sparkasse) e dal 2018 vicepresidente dell’acri — è netta. Venerdì e sabato discuterà di questo a Bolzano ospitando l’annuale incontro tra le Casse di risparmio — una decina quelle rimaste in Italia — e le banche private (Acri-pri.banks).
Come fanno a resistere le piccole banche?
«Il tema è che siano efficienti A Bolzano
● Venerdì e sabato 23 e 24 novembre a Bolzano si discuterà del ruolo delle piccole banche
● L’occasione è data dall’incontro annuale tra le Casse di risparmio — una decina quelle rimaste in Italia — e le banche private (Acripri.banks) e che il rischio sia sotto controllo. Oggi la banca è una infrastruttura multiservizi, perché spazia nel settore assicurativo, immobiliare, della gestione, della consulenza. Per contenere i costi deve investire in tecnologia, fare esternalizzazioni e collaborazioni con piattaforme esterne che diano efficienza e mantengano la vicinanza al territorio e al cliente. Questo può sostituire le aggregazioni, che non sono inevitabili. Come Sparkasse stiamo cercando di farlo e per questo contiamo di mettere il numero “2” davanti agli utili a fine anno».
C’è fermento nel mondo delle fondazioni: quelle di Bra e Cuneo si sono fuse. Si parla di altre. Che succede?
«Le fondazioni hanno un ruolo importantissimo, in questi anni hanno erogato miliardi di euro a favore della società. C’è qualche fondazione che negli ultimi anni ha subìto, a causa delle controllate, una crisi bancaria che ha avuto riflessi sul suo patrimonio, come accaduto a Cesena, Rimini, Ferrara. Quindi si tratta di trovare le sinergie utili nel territorio: aggregandosi, la fondazione può avere più spazio per agire».
Lei è nel consiglio del Fitd: come Cassa parteciperete allo Schema volontario per Carige? C’è stato qualche mal di pancia quando c’è stata la chiamata al soccorso?
«Noi facciamo parte già dello Schema Volontario, perché ritengo che sia una responsabilità di sistema e anche nei confronti della società. E poi Carige, messa in sicurezza, ha le condizioni di guardare al futuro in modo sicuro. Quindi spero che partecipino anche gli altri istituti, perché non ci si può avvantaggiare con il sacrificio degli altri».
C’è qualche banchiere che lo pensa?
«Non mi risulta, ma la valutazione da fare è: se Carige viene espulsa, quanto costa al sistema? Si parla di 8-9 miliardi come garanzia dei depositi. Sarebbe un sacrificio molto più impattante anche per le altre banche e quindi questo sforzo va fatto, anche se a non tutti fa piacere. Occupare fette di mercato non può essere una ragione da far valere di fronte a un rischio così elevato».
Teme per una frenata dell’economia in Italia? Rischio dello spread?
«Non sono io a scoprirlo, lo spread può essere un rischio molto pesante non solo per l’economia. A questo livelli non è sostenibile a lungo per le banche perché la svalutazione dei titoli di stato ha effetti devastanti sull’erogazione del credito e i ratio patrimoniali, e si rischia veramente molto».
È un problema politico?
«Non è un problema politico, quanto di fiducia dei mercati: se non diamo segnali espansivi potrebbe compromettere la ripresa dell’italia che è in atto».