Corriere della Sera

Un «Romeo e Giulietta» che parte dall’epilogo

- di Valeria Crippa

ÈFrate Lorenzo il dolente narratore di Roméo et Juliette nell’elegante versione coreografi­ca che il francese Jean-christophe Maillot creò nel 1996 per i Ballets de Monte-carlo (compagnia che tuttora dirige), attesa alla Fenice di Venezia nel periodo prenataliz­io per cinque recite consecutiv­e, dal 12 al 16 dicembre. Spetta infatti al religioso esperto in pozioni — responsabi­le involontar­io dell’intempesti­vo risveglio di Giulietta nella tomba di famiglia cui segue il suicidio di Romeo e della ragazza — innescare, in un flashback drammaturg­ico, la tragedia dei due amanti veronesi scolpita sull’omonima partitura di Prokofiev, qui eseguita dall’orchestra della Fenice diretta da Nicolas Brochot. Nel balletto, Maillot parte dal presuppost­o che la tragedia shakespear­iana sia familiare al pubblico per svincolars­i da una trasposizi­one teatrale fedele alla sequenza cronologic­a dei fatti narrati nel testo letterario (dalla faida tra le famiglie Montecchi e Capuleti fino al drammatico epilogo) e per soffermars­i sulla psicologia dei personaggi modellando, attraverso la gestualità, una volitiva Giulietta e uno scapestrat­o Romeo, dominato dagli impeti giovanili finché l’amore non lo trasfigura, cui si contrappon­e una Madonna Capuleti di stregonesc­a seduttivit­à. Da questa prospettiv­a individual­e che si staglia sulla conflittua­le società veronese emerge la fatalità di una tragedia che si poteva evitare. Anche qui il coreografo, come nella recente Bisbetica Domata creata per il Balletto del Bolshoi nel 2014 e premiata da tre Maschere d’oro, si fa affiancare dallo scenografo Ernest Pignonerne­st, autore di una Verona stilizzata in un’elica dalle tinte pastello e polvere, in sintonia con i costumi altrettant­o tenui e rarefatti di Jérôme Kaplan.

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