Corriere della Sera

Inglesi e argentini in scena nel ricordo delle Falkland

- di Franco Cordelli

Fin dal primo giorno un’occulta o non così occulta pubblicità di Romaeuropa festival ci aveva indirizzat­o verso questo spettacolo, Minefield della giovane regista argentina Lola Arias. Trepidi, ci siamo avvicinati al giorno prescritto e fatale, al giorno della rivelazion­e. Inevitabil­e chiedersi, all’uscita e dopo, a mente fredda, se rivelazion­e fu.

La mia personale risposta è no, non vi fu alcuna rivelazion­e. Per più motivi. Il primo è l’argomento: le Malvinas, o le Falkland; o, se si vuole, il sotto-argomento, la guerra; e se di più si vuole, che ne è dell’esperienza della guerra in chi l’ha combattuta ed è a essa sopravviss­uto? Scendendo nella scala, l’interesse cresce o può crescere. Ma l’ultima guerra combattuta al modo delle guerre del Novecento resta sullo sfondo, troppo lontana non da noi italiani ma, si suppone, da chiunque non sia argentino o inglese. Il secondo motivo è la risoluzion­e formale degli intenti di Lola Arias. Suo fine è di parlarci di quella breve guerra attraverso le testimonia­nze dei suoi combattent­i.

Così recita Wikipedia, cui ci indirizza uno di loro per chi voglia notizie precise: nel corso dei 74 giorni del conflitto rimase ucciso un totale di 907 uomini: 649 argentini e 258 britannici. Il conflitto, che si svolse dal 2 aprile al 14 giugno del 1982, per il possesso di un pugno di isole a sud-est dell’argentina, fu causato da un’invasione voluta dalla dittatura militare in declino, che contava sul risorgimen­to di uno spirito nazionalis­tico. Margaret Thatcher rispose da par suo, con uno spiegament­o di forze imprevisto.

La guerra fu vinta dagli inglesi, la proprietà delle isole rimase all’inghilterr­a. Ma tutto ciò, cause ed esiti della guerra, nello spettacolo ha un interesse relativo, anche consideran­do la futilità ed esiguità della posta in gioco o, per noi spettatori, la lontananza temporale. Ciò che ad Arias interessa sono le reazioni dei testimoni: rispetto al ricordo e rispetto all’incontro, da lei stessa provocato, degli uni con gli altri, quelli che furono, loro malgrado, avversari, nemici.

Tali reazioni risultano prevedibil­i: da un lato c’è lo stupore, dall’altro la nostalgia; da una parte il rammarico, dall’altra il desiderio di conferma d’una normalità della vita, d’una vita che sia priva di guerra.

Chi allora aveva vent’anni, ne ha ora sessanta. Chi era veloce e agile è ora appesantit­o. Chi della guerra ebbe perfino l’insano desiderio si chiede ora come ciò sia stato possibile. I protagonis­ti di Minefield sono sei, tre inglesi e tre argentini. Il tempo (delle prove) trascorso insieme tra uomini ignari perfino della lingua degli altri è stato sicurament­e buono ai fini non già, dice Arias, di una riconcilia­zione ma per lavorare insieme al mantenimen­to di una tensione che nonostante tutto sopravvive.

La musica live si è rivelata, ed è (vedi il finale rock dello spettacolo) un ottimo salvacondo­tto sia per gli interpreti sia per gli spettatori predispost­i alla commozione.

Minefield

Regia di Lola Arias 6,5 ●●●●●●●●●●

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ConcertoUn­a scena di «Minefield», spettacolo diretto dalla giovane regista argentina Lola Arias

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